venerdì 26 giugno 2015

Prove tecniche 2


Ebbe un’intuizione arguta nel ristorante, più precisamente nel bagno annesso. 
Alzatosi per andar a far minzione, vide la signora nello splendente atrio dei servizi intenta a colloquiare amabilmente al cellulare con un’amica. La signora era vestita di blu in perfetta tonalità, al collo aveva una collana di perle e dalle orecchie pendevano due stupendi gioielli impreziositi da smeraldi. Non lo degnò neanche di uno sguardo non tanto perché impegnata nel dialogo, un classico discorso attorno al nulla che effettivamente dovrebbe far riflettere sull'utilità degli smart perché in tempi addietro molte cazzate rimanevano allocate all'interno dell’ipotetico confabulante, sopendogli istinti che, ibernati, aprivano la strada ad un’altra tipologia colloquiale, quella tipica della razza di appartenenza ossia vocale e comprensiva anche di sana gestualità, ma la nostra, essendo immersa nel ruolo circostanziato della Signora la quale, ignara della vita del mondo, esige una centralità di sguardi ed interessi che solo un fermo immagine potrebbe donarle, di default tendeva a rabbuiare, ignorandoli, esseri ed oggetti gravitanti attorno a sé.  

Entrando in bagno e mirando la bellezza del locale, che rendea piacevole ogni atto ivi compiuto, nobilitando gestualità che, sconfinando nel regno animale, ci assoggettano ad una naturalezza che mal si confà con quello che, in ampie circostanze, vorremmo gli altri pensanti su noi, s’accorse che dietro una paratia semiaperta vi era una scaletta a tre gradini di quelle che si aprono a V rovesciata permettendo agli inservienti di cambiar lampadine o pulire oggetti e pareti ad un’altezza di circa due metri. 

Fu fulmine nel pensar il progetto! 
Prese la piccola scala, l’aprì vi salì in cima e dall'alto, dopo aver estratto l’arnese, iniziò la minzione. Lo scroscio fu di un tal rumore che dovette scendere di un gradino non foss’altro per il dubbio che nell’atrio del bagno, impreziosito da lavabi principeschi e luci affascinanti, la signora fosse ancora intenta a dialogare, stazionandovi imperterrita.
Finita la scena e riposta la scala, uscì con una normalità tipica del pescatore seduto sul tre piedi in attesa di una pesca tardante a venire ed appena nell’atrio in procinto di sciacquarsi le mani s’accorse del cambio di attenzione della signora, dei fari di lei camuffati in occhi che lo rimiravano come si guarda un puma sul comodino nell'attimo del risveglio: la bocca le rimaneva semiaperta pur se, tra un tocco di compostezza e l’altro, ella continuava a parlare con l’amica molto probabilmente anch’essa esterrefatta dalla più che certa descrizione del suono prodotto, che rimanea nei lobi della descrivente, oramai sempre più attonita.
Si lavò le mani sempre abbacinato dai fari signorili che non lo lasciavano un attimo ed anzi molto probabilmente lo stavano addirittura  scannerizzando. 
Asciugandosi palme e dorsi con un piccolo telo spugnoso riposto successivamente nell'apposito cesto, s'accorse mirando dalla pila di quelli intonsi per successive lavate, che la signora al centro del locale, chiudendo la comunicazione e sepolti i suoi preconcetti di superiorità e snobismo, stava per rivolgergli favella, tentando un dialogo con un preciso scopo, femminile del precedente. 
Insensibile, come se niente fosse, egli s’avvio all’uscita lasciando la nobildonna egoriferita davanti ad un bivio che non percorse per timore, affiorato una volta scomparsa l’alterigia. 
C’insegna la novella che molto poté nella storia il goloso frizzantino che obnubilando menti e cuori, rinsavisce a volte da circuiti preconfezionati da vizi ed atteggiamenti insulsi, ridestando la creatura ad un’umanità immolata e reietta da molti in quanto non confacente all’immagine aurea ed aulica che tanti su questa terra pretendono di detenere per emergere sugli altri.  

Nessun commento:

Posta un commento