venerdì 29 agosto 2014

Un articolo da nausea



Mathilde Auvillain, giornalista francese e Stefano Liberti, giornalista italiano, firmano un servizio su Internazionale dal titolo "il lato oscuro dei pomodori italiani" che dopo la lettura ti porta a spegnere la luce, accendere la musica ed esclamare "ma che mondo di merda è mai questo?"


Riepilogo brevemente: Prince Bony è un immigrato ghaneano, trent'anni, una moglie e due figli che tra l'altro non vede da sette anni. 
Prince lavorava in Ghana, raccogliendo pomodori una risorsa unica per il paese. Decise però di far fortuna e venne in Italia: 3,5 euro per ogni cassa da 300 kg raccolta, ovvero neanche 20 euro al giorno, dormendo in casolari abbandonati, con materassi gettati a terra e qualche fornellino per cuocersi pasti da schiavi. 
Si! 
Da schiavi. 
Perché nella Capitanata, in provincia di Foggia, da dove proviene il 35% dei pomodori italiani, vige una forma acuta di schiavismo, sotto gli occhi di tutti, vescovi compresi. 


A Navrongo la terra di origine di Prince, una volta si raccoglievano pomodori alla grande! 
Ora non più. 
Perché in Ghana ora si consuma concentrato di pomodoro, scatolette che costano meno grazie ai programmi finanziari del Fondo monetario internazionale, una spelonca di ribaldi, che abbassando i dazi doganali ha permesso di far entrare nella terra di Prince, scatolette di concentrato. 

E dove viene prodotto il pomodoro in scatola? 

Anche dalle terre dove Prince si spacca la schiena, in schiavitù!!

Perché grazie ad un'altra istituzione del menga, l'Unione Europea, le aziende che producono pomodoro in scatola, oltre che a succhiare e sfruttare povera gente nei campi, riceve sussidi da Bruxelles, 34,5 euro a tonnellata, che permette loro di essere molto competitivi, con prezzi irraggiungibili dalle oramai fallite aziende del Ghana. 


Nei mercati rionali di quel paese africano, sono spariti i prodotti freschi. 
La gente vende scatolette.

Scatolette con pomodori raccolti anche in Italia, da Prince ed suoi compagni, nuovi schiavi di questo tempo, di questo mondo, palesemente di merda! 
Bleah!

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