martedì 18 febbraio 2014

Potere mediatico


clicca per sentire telefonata a Barca


Per chi non avesse ancora sentito questo macabro scherzo radiofonico della Zanzara al grande Fabrizio Barca, dove un finto Vendola chiede allo studioso dirigente dello stato come gli stesse andando la vita, ricevendone un soliloquio da paura, da autentica paura, sulla formazione del Governo Grullo, allego qui sopra il link del Corriere.

Con una precisazione.

Mi sono venuti i brividi, allor quando Barca racconta delle pressioni di De Benedetti fattegli via sms e mail affinché egli, uno dei pochi saggi colorati di rosso in circolazione italica, accettasse il ministero dell'Economia. 

Ho deciso immediatamente, nel mio piccolo, di non leggere più Repubblica diventata per colpa del Fondatore Scalfari, una brigantesca base di appoggio per il Monitoratore ultraottantenne dal 1953 in politica e per il suo piano scellerato delle larghe intese. 

Lettore dal 1982 dell'allora prestigioso quotidiano nazionale, faticavo onestamente già da tempo a leggervi, senza emettere piccole grida incazzose,  articoli trasformati in turiboli fumiganti incenso verso i Napolitano, le banche e gli amici del Fondatore Scalfari che oramai, detto tra noi, ha rotto i coglioni e a cui auguro di godersi i soldoni frutto della sua carriera, lasciandoci finalmente in pace con pistolotti oramai troppo dolci e dolcificanti.

Ma i brividi più freddi, mi sono giunti allorché Barca dice le cose sotto riportate, al comico imitante Vendola riguardo alle consultazioni dei Grullani per il nuovo Governo (testuale): 

"Nichi è una cosa che è priva... non c'è un'idea, c'è un livello di avventurismo. Non essendoci un'idea, siamo agli slogan. Questo mi rattrista, sto male, preoccupatissimo perché vedo uno scaricamento veramente impressionante".

Ed ancora (sempre testuale) "Il problema è un altro. Ma tra 30 giorni, quando si capisce che non c'è niente, il Paese dà di testa".

Forse è per questo che subito dopo, con i lucciconi agli occhi lo ammetto, mi sono rivisto la scena di Benigni che prende in braccio un Berlinguer ridanciano in quel lontano 17 giugno 1983 sul palco romano di un partito lontano anni luce non solo temporalmente, ma anche moralmente da questa accozzaglia guidata da uno sprovveduto ragazzino egocentrico ed ambizioso al pari del suo amico fatto appositamente risorgere per l'evento prossimo venturo, la fine dei nostri sogni.


Ed in culo a Repubblica, De Benedetti e soprattutto a Scalfari!

P.S. Curzio Maltese! Ma che cazzo ci fai ancora lì dentro?

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