La routinaria esistenza pone periodicamente eventi,
festività e periodi vacanzieri che vengono vissuti in modo diverso da ciascuno
di noi.
C’è chi trasforma ogni occasione per appuntamenti culinari,
come il sottoscritto, c’è chi soffre del momento non potendolo onorare per
problematiche finanziarie e c’è chi usa di ogni istante per evidenziare il
distacco sociale personale per agi e futuri salti di casta dovuti alla grande
disponibilità monetaria.
Viene l’estate e le “marte-marzotto” disseminate nei meandri
della nostra penisola pensano alla Prima della Scala del veniente sette
dicembre, arriva l’inverno e occorre occuparsi del guardaroba estivo e via
andare dentro un ciclo continuo sfornante divari, distacchi e predominanze.
I ricchi. Gli stra-abbienti. I rigonfi.
Sono una specie protetta, da loro stessi, che cade in un
strano letargo dentro un buco nero originale, allorché giunge il momento di
presentare le dichiarazioni pro fisco; in quel periodo infatti scompaiono Suv e
barche, possedimenti e doppie/triple case in alta montagna o in riva al mare.
Questo letargo per loro è molto remunerativo in quanto assentandosi lasciano la
strada libera a coloro che vivono dipendendo da qualcun altro il più delle
volte proprio “i temporaneamente scomparsi”, per poter finanziare lo stato,
attraverso il prelievo forzato di denari che verranno utilizzati anche per
servire pubblicamente questi “sonnolenti” assenti.
Una volta risvegliatisi eccoli pronti a sfrecciare in mare
con barche immense ed indecorose, vivendo l’estate come una vetrina, come uno
status da utilizzare per immergersi nelle acque, facendo emergere il loro ego,
la loro innata voglia di distanziarsi dai più che pressati in spiagge non più
libere, come palmipedi tentano anch’essi di emergere dalla canicola solo per
acchiappare il rivolo di aria ance se calda, tra un ghiacciolo pagato come un
tartufo ed una bibita al costo di un litro di verde.
Non è invidia la mia, ma partecipazione.
Partecipo di questo
circo, enorme e fluttuante, ove in perenne replica si assiste alla differenza
di gusti vitali dell’esistenza, dove per un concetto basilare della società
umana giustamente privilegiante la proprietà, si è perso di vista il pudore, la
giusta quantità, sopraffatti come si è da questo inverecondo accaparramento di
risorse, che non un circolo comunista, bensì la Banca d’Italia stima nel 48% di
possedimenti in tasca al 10% degli italiani!
Non è invidia ma constatazione, certa ed ineluttabile di
come si sia formata negli anni la differenza sociale, la casta dei furbi e
quella degli inetti, di come la specie umana sia separata dal mercimonio, dal
traffico, dalle plusvalenze, dalle società off shore, dai viaggi nei paradisi
fiscali degli spalloni, dalla puzza sotto il naso di chi si crede differente,
predestinato, investito dalla dea fortuna a vivere senza toccare la realtà,
preoccupato di avere sempre di più, indaffarato a colpire chiunque tenti di
salire sul suo natante, che a parer suo gli spetta per una sacrale decisione del destino.
Non è voglia di combattere, chimera oramai di pochi perché è
ineluttabile constatare la dispotica sentenza dell’immoto, del definitivo, del
decretato dagli astri, ovvero il fatto dell’impossibilità di poter accedere a
miglior forma di vita per chi stenta ad arrivare a fine mese.
Tornare a parlare del perché ci siamo trasformati in un’India
europea? Asserire che un ventennio condotto da uno che ha voluto un vulcano
finto in una delle sue innumerevoli proprietà, serve a qualcosa?
Purtroppo no.
Questa rincorsa alla novità costosa, all’ultimo atollo
polinesiano, alla baita in posti dove solo sedersi costa uno stipendio di un
metalmeccanico è per sempre. Occorre constatare che la trasformazione è
anestetizzante, non desta più nessuno il vedere uomini ancora in forza seduti
su una panca in attesa del pasto caldo nella mensa di grido, nella quale
giungono oboli dai differenziati che con quella elargizione pensano di lavarsi
l’animo forse immondo.
Non ci desta neppure vedere persone trafugare le lattughe
di scarto nei cassonetti dei mercati a fine attività, o coloro che aspirano al
pacco Caritas per poter mangiare qualcosa, o la difficoltà dei padri di
famiglia a mantenere un decoroso contegno ai propri figli, la spasmodica corsa
a comprare il must del momento, il parlare di sogni irrealizzabili nei bar dei
sopraffatti, il narrare, pur in questa età del mondo in cui tutto è immediato e
riportato attraverso i media, delle gesta dei differenti, della loro schiera di
servitù, dei cavalli dei motori delle loro navi, della varietà di auto
acquistate e cambiate al ritmo stagionale, dei vestiti acquistati a prezzo di
stipendio annuale dei narranti.
E’ questa la vita che viviamo, la differenza che annusiamo,
l’inerme accondiscendenza che subiamo, il rincoglionimento che via etere ci
stordisce sino a farci perdere la rotta, il fine del vivere, la voglia di
riscatto.
Mentre scrivo ci sarà qualcuno che in questo momento starà già
progettando il giro nautico della prossima estate e di conseguenza “giosterà”
spasmodicamente per uno degli innumerevoli “Montenapoleone” alla ricerca del
nuovo costume, delle nuove scarpe a 24carati, dei vestitini per il dinner, il
lunch e la passeggiata post approdo nel porto caldo ed accogliente, ove non
mancherà l’incazzatura per quei sessanta centimetri in più del vicino di posto
barca, scatenante una furiosa piazzata al consorte accusato di far poco per la
famiglia, il quale a sua volta scatenerà una nuova guerra accaparrante a
scapito di chi bevendo una birretta su un anonimo molo, spero potrà ridere in
libertà di questo circo fine a se stesso e destinato alla polvere, come tutti
noi.
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