sabato 4 gennaio 2014

Che musica per le orecchie!


"Chi lavora con i giovani non può fermarsi a dire cose troppo ordinate e strutturate come un trattato, perché queste cose scivolano addosso ai ragazzi. C'è bisogno di un nuovo linguaggio, di un nuovo modo di dire le cose. Oggi Dio ci chiede questo: di uscire dal nido che ci contiene per essere inviati."

"Io non mi sentirei affatto inquieto ad andare in periferia: non sentitevi inquieti a rivolgervi a chiunque."

"La cultura odierna è molto più ricca e conflittuale di quella vissuta da noi, al nostro tempo, anni fa. 
La nostra cultura era più semplice e ordinata. Oggi l'inculturazione richiede un atteggiamento diverso. Ad esempio: non si risolvono i problemi semplicemente proibendo di fare questo o quello. Serve tanto dialogo, tanto confronto. Per evitare i problemi, in alcune case di formazione, i giovani stringono i denti, cercano di non commettere errori evidenti, di stare alle regole facendo molti sorrisi, in attesa che un giorno gli si dica "Bene hai finito al formazione". Questa è ipocrisia frutto di clericalismo, che è uno dei mali più terribili."

"Se il Seminario è troppo grande, bisogna dividerlo in comunità con formatori capaci di seguire davvero le persone. Il dialogo deve essere serio, senza paura, sincero. E bisogna considerare che il linguaggio dei giovani in formazione oggi è diverso da quello di chi li ha preceduti: viviamo un cambiamento d'epoca. 

La formazione è un opera artigianale, non poliziesca.

Dobbiamo formare il cuore. Altrimenti formiamo piccoli mostri. 
E poi questi mostri formano il popolo di Dio. Questo mi fa venire davvero la pelle d'oca."

"Bisogna sempre pensare ai fedeli, al popolo fedele di Dio. Bisogna formare persone che siano testimoni della resurrezione di Gesù. Il formatore deve pensare che la persona in formazione sarà chiamata a curare il popolo di Dio. Bisogna sempre pensare nel popolo di Dio, dentro di esso. 
Pensiamo a quei religiosi che hanno il cuore acido come l'aceto: non sono fatti per il popolo. Insomma: non dobbiamo formare amministratori, gestori, ma padri, fratelli, compagni di cammino."

Quanto sopra è un estratto del dialogo avvenuto tra Papa Francesco ed i Superiori Generali degli Ordini Religiosi avvenuto presso il Salesianum in Roma il 29 novembre 2013.

Che dire?

Pare un risveglio, un rialzarsi dopo anni bui, dopo diktat incomprensibili emanati da freddi uomini di Chiesa acidi come l'aceto. 
Il Pastore della Chiesa Universale, il Vescovo di Roma in questo dialogo riaccende la lanterna sopra il moggio, sparge nuovo sale per il sapore del fedele, annaffia ciò che era arido da decenni. 
Passi incredibili, parole vive che penetrano come lame dentro cuori resi freddi da lustri di discorsi vacui e vuoti, di comportamenti ed imposizioni primordiali incuranti i cambiamenti della società, dei giovani, delle aspettative e delle sirene che attraggono in spirali senza senso, innumerevoli giovani vite. 

La formazione è un'opera artigianale, non poliziesca. 

Ripeto questa frase ripensando ai tetri e bui anni in cui i seminari erano luoghi di divieti, di duri ammaestramenti, di severe proibizioni. Lo scansare le problematiche, il non affrontare la realtà ha spesso immesso tra il popolo acidi personaggi che trasmettevano solo la differenza di status, ovvero il salvo che ordina la strada al peccatore senza carità, freddamente, in un proibizionismo, in un recalcitrante rifiuto di qualsiasi modernità, in un'ottica scialba e allontanante cuori desiderosi di ascoltare la Novità.
Papa Francesco spalanca gli scuri chiusi di una Chiesa grottescamente rivolta alla durezza di una liturgia fredda e palesemente per pochi. 

Ricordo nell'esperienza personale di un piccolo tempo trascorso in seminario, la coltre di severità, associata all'inadeguatezza personale, di sorpresa nell'udire l'allora Vescovo descrivere come pericolo nei giovani il cosiddetto ballo della mattonella, mentre già a quei tempi alcuni adolescenti parlavano di preservativi e pillole anticoncezionali! 
Papa Francesco scuote e indica la vera via, quella della tenerezza, del dialogo, del confronto, del rendersi conto del fatto che ognuno sulla terra, compreso lui, è peccatore. 

Abbiamo vissuto nella mia diocesi, anni bui frutto di un Pastore, ora passato a grande diocesi, che instaurò un clima diffidente, tenebroso, punitivo, egocentrico, che ha allontanato centinaia di persone, che ha ristretto l'ovile a pochi eletti serventi e proni, senz'anima, senza talenti, senza obbiettivi. I danni li contiamo ancora oggi, anche se la banda genovese è stata finalmente spazzata via. 

Sono commosso nell'intimo di questo Vento Nuovo, di queste parole sino ad ora pronunciate sommessamente in stile carbonaro da chi voleva continuare a credere al Vangelo e non alle tristi normative di persone con problemi.

Sia lode a Dio per il Dono di Papa Francesco a questa umanità bisognosa di tenerezza eucaristica! 

Prosit!  

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