Bambini nell’attico
di Michele Serra
È lecito lasciare soli in casa per tre ore, e con la tata che abita nello stesso stabile, tre bambini di 7, 9 e 11 anni, senza essere accusati di abbandono di minore, come è capitato al calciatore Totti e alla sua compagna? Leggendo la notizia ho ripensato a quando, dagli otto anni in poi, andavo a scuola a piedi, da solo, idem per il rientro. E quando, più o meno alla stessa età, i miei uscivano la sera (lasciandomi il numero di telefono della casa o del ristorante dove andavano a cena: se hai bisogno, chiama) e per me era una pacchia: televisione a gogò mangiando ogni porcheria possibile.
Non so se esista un limite anagrafico “ufficiale” prima del quale lasciare un bambino solo in casa è abbandono. Ci sono persone inaffidabili anche a quarant’anni, e persone serenamente autonome già a dieci. Ma sospetto fortemente che nell’Epoca dell’Ansia (la nostra) la tendenza sarebbe spostare quel limite attorno ai diciotto anni, età nella quale è sperabile che il pupo, la pupa, sappiano sopravvivere soli in casa senza papà e mammà (fuori casa, magari, sono già alla prima rapina).
Capisco che l’argomento è delicato, in fin dei conti siamo nella stessa area della vicenda “bambini nel bosco” che sta facendo discutere mezza Italia. Ma “bambini nell’attico”, magari, meriterebbe un diverso sguardo, un poco meno agitato: le occasioni di ansia motivata sono parecchie, forse è il caso di alleggerire il fardello. A undici anni, un minore è in grado di gestire benissimo tre ore di solitudine, in una casa ben riparata e ben munita, molto meglio di quanto la più ansiosa delle madri, il più apprensivo dei padri, possa sospettare. Anzi: sentirsi libero, oltre a trasmettere una leggera euforia, può perfino indurre a una certa assunzione di responsabilità. Responsabilità: più rara delle terre rare.
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