Renzi è ovunque perché la pace l’ha inventata lui
DI DANIELA RANIERI
Se avete l’impressione che il politico meno votato d’Italia sia contestualmente il politico più intervistato d’Italia, questo articolo fa per voi. Avevamo sorvolato sulle fitte ospitate recenti del senatore Matteo Renzi, solitamente incentrate sull’argomento che gli sta più a cuore, cioè sé stesso; e persino sulla imperdibile seduta di auto-gossip psicoanalitico sul canale YouTube One More Time, che aveva già ospitato personalità del calibro di Melissa Satta, Lory Del Santo, Nathalie Caldonazzo (se avete un’ora da perdere guardatelo: un video in bianco e nero pieno di pubblicità, con l’intervistatore che preliminarmente si mette la crema all’acido ialuronico di uno specifico brand e Matteo che confessa: “Quando ricevo la telefonata di Napolitano che mi convoca per una cena – è il febbraio del 2014 – … io sono con Francesco e Emanuele (suoi figli, ndr) alla PlayStation. Mi chiudo nel cesso… ero sotto 3 a 0 coi figli”; o anche: “Quando mi hanno arrestato i genitori, la persona che mi è stata più vicino è stata Silvio Berlusconi, si è messo a piangere al telefono”, forse commosso al pensiero che l’allievo avesse superato il maestro; e persino: “Come dice Siddharta; so pensare, so aspettare, so digiunare”, e ci mancava solo la svolta spiritual-motivazionale in una biografia diametralmente opposta a quella del Buddha).
Appena annunciato il cosiddetto piano di pace di Trump per Gaza, la presenza di Renzi sui media aumenta esponenzialmente, con un indice di contagio pari a R2 (ricordate? Vuol dire che ogni programma renzianamente contagiato, in un determinato periodo, può contagiare due altri programmi e questi due programmi ne possono contagiare altri due ciascuno).
SkyTg24 ieri mattina non ha trovato esperto migliore per parlare di Medio Oriente: “Ci vuole la politica per risolvere queste questioni”, dice Renzi, plaudendo al futuro “governatorato” che occuperà Gaza, incidentalmente sotto la guida di Tony Blair, l’ex premier del Regno Unito che mentì sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein scatenando con Bush l’inutile guerra in Iraq, nonché suo mentore e datore di lavoro (Renzi è Strategic Counsellor, e scusate se è poco, nel Tony Blair Institute for Global Change). Qui il sottotesto è che non basta un’accusa di genocidio emessa dall’Onu e dalla Cpi: ci vuole la Realpolitik. Poi, come già aveva fatto su X di prima mattina citando il Salmo (“Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano”: menomale che non ha citato il passo di Amalek usato da Netanyahu per inneggiare allo sterminio), esprime un’incontenibile “commozione”, “io sono commosso, mi vengono le lacrime a pensare che finalmente c’è una speranza”, lacrime vere come i capelli di Lollobrigida.
Rimarca: “L’accordo di pace è stato impostato da Blair”, grazie, prego; “Quell’accordo lo fai solo con gli arabi”, l’altro emittente dei bonifici che riceve. Urla, adirato: “L’accordo si è fatto grazie alla forza di Trump e (pausa, ndr) alle leadership in Medio Oriente!”, sempre quelle. E poi: “Ai bambini di Gaza serve il piano di pace di Trump”: è ozioso interrogarci se Trump, coi satrapi del Golfo e il bugiardo Blair (v. Rapporto Chilcot), farà di Gaza una Las Vegas governata da ricconi bianchi sui cadaveri dei loro genitori e fratelli.
Già che c’è, fa campagna elettorale alla cosiddetta Casa Riformista (“invito a votarla”), che poi sarebbe il Terzo Polo con altro nome, nonché il motivo per cui giornali e Tv se lo litigano nel tentativo di resuscitare Italia Viva, della quale nessuno ha il coraggio di dichiarare il decesso. Poi, siccome è un momento storico per l’umanità, elogia sé stesso: “Quando dicevamo ‘ragazzi, bisogna coinvolgere gli arabi’, ci prendevano in giro; ‘bisogna coinvolgere Blair’, e ci prendevano in giro. Mi dicevano che facevo gli incontri con Kushner al Future Investment Initiative… (Fondo saudita, ndr)”, sì, il genero di Trump, immobiliarista e ispiratore del piano “Riviera Medio Oriente” che prevede la deportazione dei palestinesi e il commissariamento della Striscia sotto il protettorato Usa. Si potrebbe pensare che i suoi legami con l’Arabia Saudita dello specchiato Bin Salman e con l’istituto di Tony Blair, che farà un sacco di soldi come capo-colono, indeboliscano la genuinità della sua commozione e lo rendano sospettabile di sponsorizzare il piano perché lautamente remunerato da entrambi. Ma è anche vero che rinunciare a quei compensi sarebbe una premura eccessiva, un beau geste di pura eleganza, giacché si sa che lui non tiene ai soldi, ma alla pace nel mondo. Intanto l’Italia chini il capo davanti alla lungimiranza di questo statista che ha praticamente risolto il conflitto israelo-palestinese facendo la spola tra Pontassieve e Riad, come Berlusconi aveva fatto finire la Guerra Fredda a Pratica di Mare (è già tanto che non abbia detto che i bambini di Gaza hanno bisogno di Casa Riformista).
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