Ranucci, altro che i fake di Meloni: l’odio vero fa esplodere auto
DI DANIELE RANIERI
Negli stessi minuti in cui Giorgia Meloni denunciava l’atroce violenza di essere stata definita “cortigiana di Trump” dal segretario della Cgil Landini, il quale secondo lei voleva proprio intendere che la presidente del Consiglio presta servizio come prostituta a Mar-a-Lago, un ordigno esplodeva sotto l’automobile del giornalista e conduttore di Report Sigfrido Ranucci, già più volte minacciato e sotto scorta, noto per essere uno dei pochi giornalisti refrattari alla riverenza verso ogni potere. A volte la realtà sa essere didatticamente didascalica: sono mesi che i giornali di destra al servizio del governo denunciano un clima da strategia della tensione, in cui una fantomatica sinistra cospirerebbe con metodi sediziosi e antidemocratici contro il governo, e poi ti va a esplodere una bomba sotto casa di un giornalista della televisione pubblica. Il mondo fantasy costruito dai consulenti e fomentato dai servi della comunicazione governativa, nel quale i candidi ragazzi di Colle Oppio lottano contro i malvagi brigatisti di sinistra, si sgretola insieme al motore della macchina di uno dei pochi giornalisti liberi.
Erano quasi riusciti a farci bere la panzana che l’assassinio del trumpiano Charlie Kirk durante un comizio fosse per osmosi una specie di avvertimento da parte della sinistra ai trumpiani di casa nostra, in specie Meloni, che infatti ha ricominciato a ringhiare i suoi “non ci faremo intimidire” davanti ai cronisti usati come microfoni umani, dai quali non accetta domande. “Non abbiamo avuto paura ai tempi in cui potevi essere ammazzato a colpi di chiave inglese per aver scritto un tema sulle Brigate rosse e non abbiamo paura oggi. Non avremo paura domani perché tutto questo ci ha sempre e solo reso più consapevoli e più coraggiosi!”, ha urlato, esorbitando, alla festa di Gioventù nazionale. Il sottotesto di questa strategia di spin doctoring, per quanto incredibile, è: si inizia criticando il governo sui giornali e sui social, si finisce a sparare alla giugulare agli avversari politici. Pure la missione umanitaria e politica della Flotilla (500 persone di 44 Paesi pacificamente alla volta di Gaza) è stata fatta passare come un avvertimento ben orchestrato ai membri di governo (come no: in Nuova Zelanda non vedono l’ora di destituire Fazzolari).
L’intento dietro a questa operazione diciamo culturale è criminalizzare il conflitto sociale, marchiare il dissenso come potenziale incubatore del terrorismo e dell’attentato allo Stato. I giornali di destra hanno tenuto bordone a questa linea bislacca: il vero pericolo è rappresentato da chi manifesta per fare pressione sui democraticissimi governi europei che sostengono militarmente e moralmente lo Stato genocida di Israele, senza aver capito evidentemente che il vento è cambiato. Non a caso questo è il governo del decreto Sicurezza e dell’introduzione di 48 nuove fattispecie di reato per stroncare il dissenso (infatti sono aumentati tutti gli indici di criminalità); manifestare liberamente il proprio pensiero, diritto tutelato dall’anacronistica Costituzione, equivale a “odiare”, e i potenti non solo non vogliono essere disturbati, ma vogliono pure essere amati. Già Berlusconi, il cui profilo criminale è ben documentato, si professava capo del “partito dell’amore” per degradare il pensiero critico a passione irriflessiva, “l’odio” dei comunisti e dei magistrati nei suoi confronti (linea poi perseguita con minori fortune da Renzi, per il quale chi gli si opponeva era “gufo” e “rosicone”, invidioso dei suoi successi). Poiché alcuni manifestanti hanno spaccato vetrine (è lecito sospettare che si tratti sempre dei soliti soggetti, chissà se volontari o eterodiretti), la compagine meloniana ha evocato il fantasma di un’imminente marcia su Palazzo Chigi.
Di concerto, si è alimentata la fake news che ogni critica a Israele, e all’Occidente che ne ha sostenuto i crimini, fosse espressione di antisemitismo, una delle forme più infami di odio; uno degli effetti è stato che la ministra della famiglia Roccella si è prodotta in un imbarazzante carpiato logico, accusando le “gite a Auschwitz” organizzate dalle scuole di essere una mera strategia della sinistra egemone per mettere in cattiva luce il nazifascismo e sottovalutare il crescente (secondo lei) antisemitismo di sinistra; in fondo, fascisti e nazisti hanno solo costruito le camere a gas e i forni crematori in cui sono stati gassati e bruciati milioni di ebrei, vuoi mettere la violenza antisemita di scrivere su un muro “Palestina libera”? Intanto l’auto di Ranucci esplodeva, pochi minuti dopo che sua figlia vi era passata accanto, ed è difficile non collegare l’attentato con i temi che la sua trasmissione, più volte intimidita, querelata, diffamata e messa in pericolo da chi il potere lo detiene, affronta ogni domenica. Sarà stato qualche facinoroso della sinistra di piazza? O la colpa è di Ranucci che non si fa i fatti suoi?
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