giovedì 18 settembre 2025

L'Amaca

 

L’esodo degli altri

di MICHELE SERRA
Come si usa dire, l’esodo dei gazawi da Gaza (equivale a dire: dei romani da Roma, dei parigini da Parigi, degli scozzesi dalla Scozia, eccetera) è biblico. Le immagini sono terrificanti e immense, sembrano quelle di un kolossal, la sabbia, le rovine, il mare, e in mezzo la fiumana scura di un popolo povero e impoverito dalla solitudine, e piagato dai lutti, che va non si sa dove con le sue poche cose residue, le sue memorie e i suoi stracci.
Esodo. Vi dice qualcosa, la parola esodo?
Agli ebrei dice moltissimo, è l’Antico Testamento, è la fuga dall’Egitto, è il fulcro emotivo, culturale e identitario di quella parte di persone ebree che si riconoscono in una tradizione, in una religione, in una cultura, infine in una Nazione: Israele. Ma oggi il Faraone è Netanyahu, e l’esodo, la disgrazia, la persecuzione sono a carico di un popolo che appartiene a un’altra delle tre religioni di Abramo, ammesso che basti, questa decrepita e forse ormai insopportabile catalogazione degli esseri umani, a definirli una per una, uno per uno, persona per persona, nella disperata fila in cerca di scampo.
Tentiamo una sintesi — per quanto rischiosa. Perché ci sono momenti così complicati che una sintesi è necessaria e forse persino doverosa. Il vero scandalo, agli occhi del mondo, ciò che sconvolge e perfino terrorizza, è che il più perseguitato dei popoli, il più braccato e fuggiasco, è diventato — nella sua parte divenuta nazione — il persecutore. Molti ebrei, nel mondo e anche in Israele, capiscono questo scandalo, e lo patiscono. A quelli che non lo colgono, agli ebrei e ai non ebrei ai quali sfugge di quali dimensioni, morali, politiche, storiche sia la catastrofe di Gaza, non si sa più cosa dire. Se non che l’Esodo non è solo il loro. È quello di tutti.

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