Spargere dollari sulle rovine
di MICHELE SERRA
Solo la satira (vedi Una modesta proposta di Swift) poteva concepire qualcosa di simile al piano di eradicazione dei gazawi da Gaza per fare di quel litorale un resort di lusso. Eliminare i poveri e spianare le loro case per fare posto ai ricchi in vacanza. Il beffardo procedimento logico di Swift (è socialmente utile, scrisse il grande irlandese, che i bambini poveri vengano dati in pasto ai ricchi, così da problema diventano risorsa) fu identico a quello degli odierni pianificatori americani e israeliani: con la differenza che passa tra un pamphlet satirico, il cui scopo era mettere in luce la mostruosità del classismo, e un progetto economico-politico che in quella mostruosità invece confida, la propugna e la vuole mettere in atto.
È difficile immaginare una visione più disgustosa e violenta del mondo, ma tant’è, questo è il menù che passa il convento: ecco un business che si nutre di sterminio, deportazione, esproprio, umiliazione. Sulle rovine della città distrutta, per impedire ad alcuno di rimpiangerla o peggio ricostruirla, non spargeranno sale ma dollari: e ne saranno anche fieri, convinti di avere bonificato, con i loro resort di merda, la morte sottostante.
Se mai vedremo (e niente, in questo momento, ci sembra impossibile) un tale abominio, saremo autorizzati a considerarlo un significativo test su ciò che resta di umano, tra gli umani: odiare New Gaza, i suoi progettisti, i suoi costruttori, i suoi frequentatori, per quanto mi riguarda sarà condizione indispensabile per continuare a considerarsi umani. E come i lettori sanno, odiare non è un verbo che spendo con spensieratezza.
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