Tempi duri per le scienze
di MICHELE SERRA
Da quando “il buon senso” ha sostituito la ricerca pedagogica?, si chiede Vanessa Roghi (su Repubblica di ieri) criticando gli indirizzi scolastici del governo Meloni. La domanda andrebbe estesa a quella che, per sommi capi, è la visione del mondo della nuova destra: la scienza (le scienze) sono nel loro complesso un inganno elitario.
Discipline castali che alimentano i vizi intellettuali dei ceti colti e al tempo stesso perpetuano i loro privilegi; e impediscono alla schietta saggezza popolare di risolvere i problemi “come si è sempre fatto”: vuoi mettere un bel sette in condotta, invece di tante inutili contorsioni attorno al disagio giovanile?
La domanda di Roghi, per esteso, potrebbe essere un format applicabile a tutti o quasi i campi della vita sociale. Da quando il pensiero magico dei novax ha sostituito il lavoro secolare dell’infettivologia (vedi le recenti decisioni del bizzarro ministro Kennedy)? Da quando una bella lavata di capo (nelle scuole, nelle carceri, in qualunque luogo esista gerarchia) rimette a posto le cose meglio e più efficacemente del lavoro quotidiano di psicologi, criminologi, assistenti sociali? Da quando essere simpatici fresconi, o improvvisatori di curriculum, basta per detronizzare intellettuali, direttori di rete, direttori artistici, direttori di museo?
La destra “antica” era gerarchica e opprimente. Poteva essere detestabile. Però mai indecorosa. Le antiche baronie universitarie, al novanta per cento di destra, pensavano al proprio potere come primo obiettivo; ma come secondo, almeno un poco di rispetto per la scienza ce l’avevano. In questo senso, tra la scuola gentiliana e quella “patriottica” dei nuovi programmi ministeriali, c’è un salto quasi affascinante: riusciranno i nostri eroi a ricostruire ordine e gerarchia mettendo Lucignolo dietro la lavagna?
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