Se no?
DI MARCO TRAVAGLIO
A leggere le nostre gazzette, si direbbe che Trump e Putin attendessero con ansia le istruzioni di Zelensky e dell’Ue (o dei suoi soci più mitomani, detti anche “volenterosi”) prima di incontrarsi oggi in Alaska per discutere delle loro faccenduole: Medio Oriente, Cina, Brics, Pacifico, Baltico, Artico, armi strategiche, gas, petrolio, terre rare, IA. Le istruzioni sono perentorie: “Non decidete nulla senza di noi”. Ovvio che Trump e Putin prendano buona nota scattando sull’attenti: “Ci mancherebbe, ogni vostro desiderio è un ordine. Anzi, mandateci qualche riga in ucraino e noi firmiamo a scatola chiusa”. Questa versione fumettistica della geopolitica, basata sul manicheismo buoni/cattivi, anzi amici/ nemici, non smette di sortire effetti tragici: gli ucraini spinti 11 anni fa ad avventurarsi nella guerra civile poi sfociata nella guerra aperta con la Russia, entrambe perse in partenza. Ma anche comici: i governi che hanno perso la guerra dettano condizioni ai russi che la stanno vincendo ogni giorno di più e, già che ci sono, pure agli americani. La domanda che aleggia nell’aria quando parlano è semplice: “Se no?”.
Di solito chi lancia ultimatum con la faccia feroce e la voce grossa ha il coltello dalla parte del manico: se il destinatario disobbedisce, peggio per lui. Ma quali leve, armi di pressione, rappresaglie hanno in serbo i mitomani di Bruxelles e Kiev nel caso in cui Trump e Putin non ottemperino ai loro diktat? La linea Maginot europea si è vista alla prova dei dazi. Appena ha visto Trump nel suo golf club privato in Scozia, Ursula si è sciolta come neve al sole: “Hai detto 15%? Ma non sarà poco?”. Un budino avrebbe resistito di più. Zelensky è un presidente scaduto e sconfitto, tra l’esercito in ginocchio che tracolla su tutto il fronte e il popolo stremato che invoca una tregua purchessia e rimpiange i bei tempi della neutralità, dopo aver assaporato i balsamici effetti di quell’affarone chiamato Nato. Trump l’aveva avvisato alla Casa Bianca: “Non hai carte”. Era un consiglio da amico: i falsi amici europei lo convinsero che fosse un “agguato”. Ora, se firma la pace sul fronte attuale, passa per uno che “cede” o “regala” territori, come se si potesse cedere o regalare ciò che si è perduto (in Donbass i russi stanno già ricostruendo e tutti sanno che quella ormai è Russia, come la Crimea); e deve guardarsi le spalle da nazionalisti e nazisti “amici”, tipo Azov. Se non firma, condanna altri ucraini a morire senza sapere perché: l’ha ammesso lui stesso di non poter recuperare i quei territori. E intanto ne perderà altri, perché Trump un’arma di pressione ce l’ha: appena chiude il rubinetto delle armi, Zelensky alza bandiera bianca. Che non è l’inevitabile “pace sporca” oggi rifiutata: è la resa senza condizioni.
Nessun commento:
Posta un commento