Come rugiada al primo sole
di MICHELE SERRA
In un vecchio monologo (uno dei primi della sua grande carriera teatrale) Giorgio Gaber raccontava il piacere di essersi perso spettacoli o film o libri che era considerato socialmente indispensabile avere visto, o letto. Qualcosa di simile mi capita (da molti anni) con il gossip, nei confronti del quale ho sviluppato un fiuto da segugio: lo riconosco a distanza, ne intuisco l’incombere e clicco oltre, o volto pagina, alla velocità della luce.
Un sollievo istantaneo mi pervade. Essermi perso quella vicenda, non saperne nulla, viene percepito dal mio sistema neurologico come un’acquisizione. Una crescita umana.
Esempio: l’occhio, passando velocemente in rassegna i titoli, coglie il nome di Raoul Bova, più un paio di nomi femminili che mi scuso di non avere memorizzato (ricordo quello di Bova solo perché era già solidamente memorizzato nella mia testa). La cosa si ripete per più giorni consecutivi. La mia fuga da quella vicenda è ogni giorno più veloce — ormai un automatismo — così da potervi dire, con un certo orgoglio, che non solo non so niente, ma mai niente saprò, di qui all’eternità, di cosa è accaduto tra le tre persone in oggetto. Chi ha lasciato chi, chi si è messo con chi, chi ha postato che cosa: assolutamente niente.
Ancora più facili da evitare i casi, sempre più numerosi, nei quali i protagonisti (e le vittime) del gossip sono a me sconosciuti, tipo “Uber Pagnacca accusa Yolanka Meraviglia”, o “Charlene diProvini delusa da Max Cucuzza si consola con il meteorologo di Tele Norba”. In quel caso anche i nomi, nel momento stesso in cui li leggo, svaporano come la rugiada al primo sole.
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