La vera droga
di Marco Travaglio
Dopo 38 mesi di invasione russa, le migliori menti d’Occidente sono giunte alla sorprendente conclusione che noi, pacifinti putiniani, sostenevamo dal primo giorno: la guerra Russia-Ucraina si chiude con un negoziato di compromesso fra Russia e Ucraina. Quanti oggi plaudono alla resa di Zelensky alla realtà e la spacciano per un geniale “contropiede” (in realtà è Putin che l’ha invitato ed è Trump che l’ha pressato) sono gli stessi che hanno passato tre anni a demonizzare la diplomazia come “resa”, a vaneggiare di “vittoria ucraina” (contro la prima potenza militare e nucleare), ad allestire summit con tutti i paesi tranne la Russia, a ripetere idiozie tipo “non si tratta col nemico” e “si tratta solo se i russi si ritirano”, a spingere Zelensky a disertare il tavolo di Istanbul il 15.4.22, a vietarsi per decreto di negoziare con Mosca, a mandare al macello i suoi nella controffensiva del ’23 (il cui esito catastrofico era previsto dal generale Milley sin dalla fine del ’22), e a perseverare anche dopo aver ammesso il 18.12.24 di non poter riprendere le regioni occupate. È questa la vera droga che intossica l’Europa, non la coca che qualche svalvolato ha visto sul treno di Macron, Merz e Starmer: il fentanyl del bellicismo che s’è impossessato delle classi dirigenti e intellettuali europee. Questi pazzi criminali travestiti da amici di Kiev hanno sempre fatto il gioco di Mosca allungando una guerra che ogni giorno assottiglia l’Ucraina. E hanno drogato gli ucraini illudendoli a suon di propaganda, miliardi, armamenti e riarmi di potersela tirare da vincitori che lanciano ultimatum a Putin e dettano condizioni a Trump: tutto per non ammettere di essere i primi sconfitti.
Non sappiamo se lo storico incontro Putin-Zelensky si terrà e porterà a qualcosa. Dipenderà dal tasso di bellicismo nel sangue degli sconfitti e dalla loro capacità di ascoltare gli appelli dei due Papi a “disarmare le parole e le menti”. L’unica “pace giusta” è quella possibile in base al campo di battaglia e ai rapporti di forza. Si spera che Zelensky si presenti nel formato realistico di quando Trump lo disintossicò, avvisandolo che aveva perso la guerra e doveva salutare i territori occupati e firmare l’accordo sui minerali. Se invece è quello drogato dai finti amici che non cede nulla, detta condizioni, chiede tregue asimmetriche e spera pure di recuperare col negoziato le regioni perdute sul campo, il tavolo resterà subito deserto. E crescerà il rimpianto per l’altro negoziato di Istanbul, sabotato dalla Nato tre anni e centinaia di migliaia di morti fa, quando Putin non chiedeva territori, ma solo la rinuncia ucraina alla Nato. Quelli che lo fecero saltare dovrebbero evitare di minacciare nuove Norimberga, perché i primi a meritarne una sono loro.
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