Un sequel del suo film
di MICHELE SERRA
Il pestaggio e l’arresto del giovane regista palestinese Hamdan Ballal è praticamente un sequel del suo documentario No Other Land con il quale ha appena vinto l’Oscar. Il film racconta il clima di intimidazione, sottomissione e violenza imposto ai palestinesi di Cisgiordania, il vasto territorio (più vasto di Gaza) occupato da Israele nel 1967 e teatro, specie negli ultimi anni, del suprematismo etnico (come definirlo altrimenti?) dei coloni che lo considerano, del tutto illegittimamente, e armi in pugno, cosa loro. A partire dalla rinominazione arcaica dei luoghi: Giudea e Samaria, come sta scritto nella Bibbia.
Tornato a casa sua (casa sua!), Ballal è stato prima minacciato, poi picchiato da alcuni coloni (incappucciati come il Ku Klux Klan), infine arrestato dall’esercito di Israele, così che sia ben chiaro che quell’esercito, che nacque per scopi difensivi, ormai agisce in tragica sintonia con gli attori più aggressivi e più intolleranti della società israeliana. È stato rilasciato dopo qualche ora, anche in virtù dell’indignazione dell’opinione pubblica di mezzo mondo.
La colpa più grave di Ballal non è soltanto avere documentato come si vive, oppressi e minacciati, in un villaggio della Cisgiordania. È avere realizzato il suo film con un piccolo collettivo israelo-palestinese, dimostrando nei fatti che non solo la convivenza, anche la consonanza, anche la solidarietà, anche l’agire comune è possibile: basterebbe volerlo. Questo è intollerabile per i fanatici, che vivono di odio e isolamento, e senza odio e isolamento si sentono perduti. E i fanatici, oggi, sono padroni della scena.
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