venerdì 13 dicembre 2024

Sala Bin!

 

Sala mensa
di Marco Travaglio.
Ogni mattina Beppe Sala si sveglia, apre la finestra, s’infila un dito in bocca, lo mette fuori per sentire dove tira il vento e decide la sua collocazione politica, che dura al massimo fino a sera, salvo perturbazioni pomeridiane. Quando si occupa di gomme alla Pirelli, di telefonini alla Telecom e di caveau a Nomura, è un sciur parùn. Da direttore generale della giunta Moratti sta all’incrocio tra Lega, FI e An. Da commissario all’Expo, fra appalti senza gara, incarichi all’architetto che gli ristrutturava la villa al mare, retate per giri di mazzette che lui non ha notato, opere finite a babbo morto e buchi di bilancio, si becca una condanna per falso in atto pubblico e poi lo salva la prescrizione. Il sindaco ideale per Milano: siccome a destra è tutto sold out e Pisapia lascia un buco a sinistra, si sente irresistibilmente del Pd, senza peraltro iscriversi. Ma quando il M5S va al governo, esalta “la rivoluzione straordinaria di Grillo”, pranza a casa sua, vanta un “rapporto amicale” e una “comunanza di visione”. In piena pandemia lancia la campagna “Milano non si ferma” e si fa un apericena con Zinga (che torna a Roma col Covid). Poi torna da Grillo a Marina di Bibbona: stufo di fare il sindaco, gradirebbe guidare il progetto Tim-2. Ma non se ne fa nulla e nel 2001 si ricandida, stavolta come verde: firma la carta dei valori dei Verdi Europei per poi aderirvu “nei tempi giusti”. Cioè mai.
Nell’estate 2022 riceve Di Maio, fresco di scissione dal M5S, per “dargli una mano” alle elezioni. L’ideona è il “Partito dei sindaci”: i quali purtroppo, facendo già i sindaci, non possono candidarsi. Il Partito dei sindaci naufraga per mancanza di sindaci. Sala si riscopre dem, sempre senza tessera, annunciando che voterà Pd. Di Maio prende lo 0,6. E Sala riceve il Telegatto da Sorrisi e Canzoni tv, forse per il miglior trucco e parrucco. Infatti il Picasso meneghino, dopo i periodi azzurro, rosé, giallo e verde, entra in quello grigio: il colore del cemento armato dei grattacieli e degli ecomostri abusivi con oneri urbanistici a prezzi di saldo. Sul sacco di Milano la Procura apre una ventina d’inchieste, sequestra i manufatti fuorilegge e indaga 14 persone, ma ecco pronte le destre con un bel condono simpaticamente chiamato “Salva-Milano”, che condanna tutte le metropoli a fare la stessa fine di Sala City. Il Pd ovviamente lo vota con FdI, FI e Lega, fra le proteste di urbanisti, giuristi, paesaggisti. E Sala che fa? Con agile balzo, diventa “centrista” e si candida su Repubblica a guidare un’“area liberaldemocratica”, che però non sia il “cespuglietto di una sinistra molto spostata a sinistra”. Praticamente una sinistra molto spostata a destra, “con una forma di governance (sic, ndr) che ricordi quella della Dc”. Ora, per completare il giro, gli manca solo CasaPound.

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