La vera egemonia culturale
DI MICHELE SERRA
Brutti e ridicoli, così appaiono al mio sguardo i camorristi (e apparentati) che esibiscono sui social barche e tatuaggi, macchinoni e catenoni. Burini mai visti. Supercafoni entusiasti di esserlo. Poche cose mi sembrano brutte e ridicole come l’estetica della criminalità.
Ma il mio sguardo è quello di un vecchio italiano di educazione mezzo borghese e mezzo comunista, che considera belli Berlinguer e Picasso, la Costituzione e il cinema, le librerie e le passeggiate in montagna. Dunque mi sento, diciamo così, un giudice di minoranza (eufemismo per non dire: uno sconfitto) rispetto allo spettacolo, che mi sembra orrendo, di Gomorra che mostra i muscoli, e spesso anche le panze, per fare colpo sui social, e reclutare i giovani per emulazione.
L’indotto, ancora più miserabile, è quello dei vari cultori della “riccanza”, anche gli incensurati, che riescono a essere supercafoni tanto quanto i boss, ma senza rischiare la galera. Pure vigliacchi.
Se ne deduce che la sola vera lotta per l’egemonia cultuale non è tra la destra e la sinistra, ma tra il brutto e il bello. Ho l’impressione (ma ripeto, è un’impressione di minoranza) che il brutto, nel momento dato, sia in largo vantaggio.
Mi emozionai, tanti anni fa, quando nel covo di un boss di camorra (non mi ricordo il nome) vennero trovati dei libri. Si avvistarono, nei servizi del telegiornale, addirittura delle copertine Adelphi. Pensai che finché un boss legge un libro “vero” un guizzo di luce è ancora vivo, in mezzo alle tenebre. Ma provate a scovare, nella chiassosa produzione social dei gomorriani, qualcosa che assomigli a un libro; o che alluda al bello. Non lo troverete.
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