La Siria è faticosa
DI MICHELE SERRA
Mentre, leggendo della Siria, cercavo vanamente di orientarmi tra alawiti, sciiti, drusi, sunniti (in lotta tra loro) nonché cristiani caldei, e di rito bizantino, maroniti e armeno-cattolici, e il vicariato di Aleppo… mi sono fatto da solo i complimenti per lo sforzo, al tempo stesso così civile e così inane, di capire il mondo.
Capisco chi ci ha rinunciato. Ha alzato le spalle e ha detto: troppo difficile, non ce la posso fare. Preferisco vivere la mia vita e non pensarci troppo, al mondo.
Un sacco di gente vive così, direi proprio la schiacciante maggioranza della popolazione mondiale. Sente dire della Siria, prende atto, quando va bene, che Assad si è levato dalle scatole, per il resto, bene che vada, si augura che la guerra civile sia finita e la gente di quei posti possa vivere più decentemente. Nei casi peggiori, se ne infischia e basta.
Dunque dedico queste mie poche righe, quasi commosse, alla eroica minoranza che coltiva la convinzione (illusione?) di poter capire come funziona il mondo.
I lettori dei giornali e dei libri, i compulsatori tenaci di siti di news attendibili, quelli che cercano i talk-show dove si grida di meno e si ragiona di più.
Quella che si chiama, o si chiamava una volta, “opinione pubblica”, e considera suo dovere sapere cosa diavolo succede in Siria, con grande sprezzo del ridicolo e nell’onesta certezza che sia nostro dovere fare la fatica di capire.
La Siria è vicina. Ci sono molti rifugiati siriani in Europa. Possiamo sorridere di noi stessi e del nostro sforzo di capire situazioni che soverchiano, eccome, la nostra comprensione. Ma possiamo coltivare un minimo di orgoglio per averci almeno provato.
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