No, Netanyahu non è Dreyfus
DI MICHELE SERRA
Netanyahu che si paragona a Dreyfus e dichiara “antisemita” la richiesta di arresto della Corte penale dell’Aia, dovrebbe anche dirci se considera “islamofoba”, alla stessa maniera, la contemporanea richiesta di arresto del capo di Hamas, per altro difficilmente arrestabile perché già defunto. Dovrebbe dirci se il giudice (qualunque giudice) deve considerare quanto è agli atti (la carneficina di innocenti orchestrata da Hamas, la carneficina di innocenti, decuplicata, messa in atto da Israele) oppure deve torcere il collo al passato, considerandolo un’attenuante così potente da annullare ogni colpa del presente, lavando ogni coscienza.
Perché se no non se ne esce, e non se ne uscirà mai. E la responsabilità dei propri atti, di ciò che ognuno fa qui e ora, svanisce, si stempera in un eterno rimando a qualcos’altro. A un precedente torto, a colpe pregresse, alla catena delle generazioni, come se a sollevare la mano contro l’altro non fossimo noi viventi, uno per uno, persona per persona, ma ognuno di noi fosse solo un pezzetto impotente della Macchina del Tempo.
La richiesta di arresto bilaterale, esattamente come la richiesta di arresto di Putin, rimarrà solo sulla carta, come tutti o quasi i pronunciamenti fondati sulle regole (travolte, stravolte) del diritto internazionale. Ha un valore quasi solamente simbolico.
Sarà considerata pilatesca dai due massicci e furibondi schieramenti contrapposti, per i quali il torto dell’altro trasforma in ragione ogni proprio colpo. Sembra equa a chi non riesce a vedere, nel conflitto in corso, che una tragica somma di torti.
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