Siamo gente di mercato
DI MICHELE SERRA
Sento la presidente del Consiglio, in un comizio, tracciare una divisione netta tra “i giornali e la televisione” da una parte, e “la gente al mercado” (che sarebbe, nella sua personale dizione, il mercato) dall’altra. Questadistinzione ripropone per la miliardesima volta la presunta separazione tra élites malvagie e popolo buono e saggio. Così buono e così saggio da ignorare la sleale manipolazione architettata nei palazzi, e apprezzare in massa il governo di destra.
Non finiremo mai di stupirci non solo della falsità, anche della puerilità di una visione della società così caricaturalmente binaria. Al mercato ci vado quasi ogni giorno, sentendomene parte tanto quanto il resto della folla, e il colpo d’occhio non consente di sapere quanti votano a destra (tanti), quanti a sinistra (tanti), quanti se ne fregano (tantissimi). Certo, però, la vivace chiacchiera tra i banchi non è mai — da secoli — particolarmente amica dei governi, nessuno escluso. Prevalgono la lagna e il dileggio, nei casi migliori una specie di disincanto di chi le ha viste e sentite tutte. In pochissimi casi, fatta la somma delle voci raccolte, c’è unità di vedute, e uno di questi è sicuramente l’operazione “migranti in Albania”, considerata coralmente una costosa scemenza. Anche da quelli che i migranti li vedono come la peste.
Fa più comodo credere, e far credere, che sia il malanimo dei “giornaloni” (Meloni li chiama così, usando un gergo politico che nei mercati sarebbe equivocato: si penserebbe a giornali molto grossi) a boicottare la brillante operazione albanese. Ma no: a riderci sopra, supremo smacco, è proprio “la gente al mercado”.
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