Rifatti fuori decrepiti dentro
DI MICHELE SERRA
Non sentivo la parola “pederasta” da tempo infinito. Credevo fosse in disuso, come arcolaio, spinterogeno e fornicazione. Insieme a “invertito” era il dispregiativo più diffuso, tra gli italiani di un paio di generazioni fa, per indicare gli omosessuali. Ora la si rilegge nella chat di un esponente romano di Fratelli d’Italia che sostiene di avere voluto esprimere il “sentiment” (sic! )della base del partito nei confronti di Francesco Spano, appena nominato capo di gabinetto dal ministro della Cultura Giuli e dimessosi dopo pochi giorni.
A prescindere dai rilievi imputabili a Spano, che potete leggere altrove, non dubito che le sue dimissioni siano imputabili anche al fuoco amico: una cagnara omofoba che mi porta a esprimergli piena solidarietà anche nel caso avesse appena svaligiato una banca.
Ma sento, al tempo stesso, di dover ringraziare anche il fascista romano che ha riassunto così mirabilmente lo stato culturale di questo Paese, perlomeno di una sua parte consistente (attualmente al governo). Mettere nella stessa frase “pederasta” e “sentiment” è quasi un capolavoro: fotografa un’anima arcaica, incallita nei suoi pregiudizi, dentro un involucro finto-moderno, che dicendo “sentiment” invece di opinione si sente in regola con la neolingua dell’aziendalismo e della pubblicità.
Rifatti fuori ma decrepiti dentro: non sarebbe un bel finale di partita per questo povero Paese. Il mio “personal sentiment” è sperare in quelli che hanno vent’anni, e fino adesso non avevano mai sentito dire “pederasta”.
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