Il calcio sporco
Il precedente Juve: su Inter e Milan la carezza del Grande Insabbiatore
di Paolo Ziliani
Se siete curiosi di sapere come finirà il processo sportivo che si terrà a carico di Inter e Milan dopo che la Procura Figc ha chiesto e ottenuto gli atti dell’inchiesta sulla criminalità organizzata nelle curve di San Siro, una ripassata al caso che riguardò la Juventus – che nel 2017 finì al centro dell’inchiesta Alto Piemonte per le connivenze con la ‘Ndrangheta che spadroneggiava all’Allianz Stadium – può essere istruttiva. Parliamo, come detto, di un caso di otto anni fa. E anche se a quei tempi c’era un procuratore federale, Giuseppe Pecoraro, che a differenza di chi l’aveva preceduto (Palazzi) e di chi avrebbe preso poi il suo posto (Chinè) sembrava muoversi senza eccessiva sudditanza verso i potenti (o per dirla con Gravina, verso i club dallo “straordinario brand” da salvaguardare), lo schema fu quello di sempre: col Palazzo del pallone chiuso a riccio a difesa del suo fortino, dove a difendersi c’erano nientemeno che la Juventus e il presidente Agnelli, e chi se ne importa se le accuse erano le peggiori che potessero abbattersi sul capo di un club e di un dirigente di cotanta fama. Sulla base del materiale probatorio raccolto dagli inquirenti, Pecoraro deferì la Juventus, Agnelli e altri dirigenti bianconeri. Sul conto di Agnelli erano usciti retroscena a dir poco inquietanti: come il beneplacito dato affinché venissero introdotti allo stadio, in occasione del derby col Torino, due striscioni inneggianti alla tragedia di Superga, cui era seguita la presa in giro telefonica del collaboratore fattosi sorprendere (“Ale, sei un ciuccio, ti sei fatto beccare”, disse a mo’ di sfottò Agnelli al security manager del club, Alessandro D’Angelo), o il rapporto diretto avuto da Agnelli con Rocco Dominello, un ras della curva arrestato e condannato per associazione mafiosa e tentato omicidio. Pecoraro chiese due anni e mezzo di squalifica più 50 mila euro di multa per Agnelli, squalifiche minori per il direttore commerciale Calvo e i due dirigenti D’Angelo e Merulla e due partite da giocare a porte chiuse per la Juventus. Il tutto a dispetto della stessa Figc: che per difendere Agnelli e la Juventus era scesa in campo nella persona del direttore generale Michele Uva che era addirittura andato all’attacco della Commissione Antimafia guidata da Rosy Bindi che aveva chiesto un’audizione al fine di ottenere chiarimenti. “Mi sembra che l’Antimafia stia facendo un processo molto mediatico e questo non fa bene nè al calcio, nè tantomeno all’Italia – disse Uva -. I problemi dell’ Italia e della Commissione Antimafia dovrebbero essere rivolti verso attività ben diverse da quelle dei biglietti a una curva”. Per la cronaca: Uva diventerà di lì a poco prima membro del Comitato Esecutivo Uefa e poi, dal 2021, direttore dell’Uefa con responsabilità sui temi della Social & Environmental Sustainability .
Risultato: il Tribunale sportivo squalificherà Agnelli per un solo anno (più 20 mila euro di multa) perchè non sapeva chi era Rocco Dominello e non è certo che sapesse degli striscioni inneggianti alla tragedia di Superga. Un anno anche a Calvo e D’Angelo, tre mesi a Merulla e 300 mila euro di multa alla Juventus. E Inter e Milan, dunque? Con la Figc che è diventata ormai la Grande Insabbiatrice del pianeta sport, pensare a pene significative è una stupidaggine. Azzardo: qualche mese d’inibizione per Javier Zanetti, una multa a Simone Inzaghi, Skriniar e Calabria, una bella ammenda ai due club, tre Pater Ave Gloria e chi s’è visto s’è visto. La messa (in scena) è finita, andate in pace.
Nessun commento:
Posta un commento