Grillo scordi Conte e sia il consulente di Draghi
DI DANIELA RANIERI
Ci pare, ma potremmo sbagliare, che i giornali improvvisamente prendano molto sul serio Beppe Grillo e le sue crisi emotivo-pecuniarie. Ieri Repubblica dedicava all’ultima puntata di “Grillo minaccia Conte” una pagina intera e ospitava un’intervista a Jacopo Fo in cui l’artista pendeva decisamente per il garante contro Conte (“Un movimento di furbetti e nullità… Grillo sognatore, romantico… Ma ha presente quanto ha speso Grillo per il M5S nel tempo?”). Prodigi alchemici dell’odio per Conte, che induce il blocco padronale a rivalutare persino un debosciato come Grillo dacché ha imbracciato il bazooka contro l’avvocato (brividi di piacere quando riportano i suoi insulti: Conte è “un incapace”, “Non ha visione politica né capacità manageriali”, “Ha preso più voti Berlusconi da morto che Conte da vivo”); d’altronde si fecero piacere pure Berlusconi quando Scalfari disse anzi prescrisse di preferire lui a Di Maio (erano i tempi di Berlusconi “argine al populismo”).
È successo che è filtrata la notizia (a proposito di saper fare comunicazione) che Conte ha dichiarato a Bruno Vespa, per il prossimo suo libro natalizio, che il contratto stipulato col “garante” affinché curi la comunicazione del movimento dovrà essere rivisto, giacché i risultati comunicativi conseguiti a botte di 300 mila euro l’anno non sono proprio brillantissimi. In effetti, come osservammo anche noi, che un curatore della comunicazione di un movimento saboti costantemente il presidente di quel movimento prendendo soldi degli iscritti è quantomeno incongruente, se non autolesionista, posto che la questione del Creatore-Garante-Consulente continua a sembrarci più teologica che politica. Grillo gli ha risposto con un video casalingo (Open lo chiama addirittura “editoriale”) in cui sfotte Conte chiamandolo “mago di Oz” (a dire, s’immagina, che dietro al mago che fa la vociona e indirizza i destini si nasconde un ometto scialbo, senza qualità) e delibera che “già leggere un libro di Vespa è perversione, figurarsi metterti dentro con un’intervista: siamo nel feticismo dell’informazione”. Si è scordato il nome del primo grillino che andò a farsi intervistare da Vespa: Beppe Grillo (a riprova che le perversioni sono sempre quelle degli altri), nel 2014. Poi ricomincia con la solita solfa: comitato, notaio, lo statuto, i mandati (che lui vorrebbe restassero due, lui che si è auto-nominato garante a vita, come i monarchi). Come non ci fossero 43 mila morti a Gaza per mano di Israele, una guerra con la Russia che stiamo combattendo per procura, una Sanità pubblica che si sta placidamente sgretolando e un governo di macchiette incapaci e draghiani col fez; e, soprattutto, riuscendo a non citare manco di striscio la questione sollevata da Conte: vale ancora la pena pagare Grillo per le sue imboscate contro il presidente che lui ha richiamato a lavorare (gratis, peraltro, per un anno e mezzo) al fine di risollevare un partito boccheggiante dopo l’appoggio sadomaso al pessimo governo Draghi?
Poi critica Conte per le elezioni in Liguria ed Emilia-Romagna: “I candidati che appoggiano questo movimento progressista di sinistra: chi li ha votati? Sono stati catapultati dall’alto, i soliti giochi della vecchia politica”. Eh già, si sarebbero dovute tenere delle primarie. Pure qui, s’è scordato di quando lui in persona annullò le primarie per il candidato sindaco di Genova, nel 2017, perché la vincitrice non era di suo gradimento, salvo poi annunciare una nuova votazione, con un solo candidato in gara, però. “Se qualcuno non capirà questa scelta, vi chiedo di fidarvi di me”, disse, oscuro e apodittico come la Pizia. Quindi lancia il suo anatema: “Da creatore del movimento, rivendico il diritto all’estinzione del movimento”. Che tempismo: proprio nelle ore in cui si sta tenendo la Costituente, con gli iscritti riuniti per discutere le proposte dal basso, il padrone dichiara il M5S “evaporato”. Il nichilismo ha la meglio sulla trasparenza, vero sacramento dei grillini insieme all’onestà e alla democrazia diretta. Chissà come mai Grillo non chiarisce una volta per tutte la corrispondenza d’amorosi sensi che, stando al prof. De Masi, ha tenuto con Draghi quand’era presidente del Consiglio, e la richiesta avanzata da questi di far fuori Conte, di imporgli di allineare i suoi ministri sulla orrenda legge Cartabia, di unirsi alla scissione di Di Maio e abbandonare Conte al suo destino, etc. Potrebbe mostrare agli iscritti gli sms che si scambiava con Draghi e metterli ai voti. Non è importante sapere se il Demiurgo è (stato) un doppiogiochista? Peraltro, se è convinto che Conte senza simbolo non arriva all’8%, ammette implicitamente che i voti li porta il simbolo, non la sua consulenza da 300 mila euro, motivo per cui il soprannome di “mago di Oz” si attaglia più a lui che a Conte. (Una soluzione all’impasse, gratis: Grillo si metta a fare il consulente per Draghi).
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