giovedì 8 agosto 2024

Piercamillo

 Giustizia irreale abolito l’arresto

OBIETTIVO: STATO-CANAGLIA - L’idea di abolirla per gli incensurati in caso di reati “di non grave allarme sociale” esclude concussione e corruzione, ma anche il traffico di stupefacenti. Solite bugie sulle carceri affollate
DI PIERCAMILLO DAVIGO
Gli onorevoli Enrico Costa e Fabrizio Benzoni hanno presentato alla Camera dei deputati un ordine del giorno irreale.
Mostrando di non avere la minima idea della realtà di cui parlano, propongono nella versione originaria del testo, poi modificato, di impegnare il governo “a valutare un intervento normativo finalizzato a una rimodulazione delle norme sulla custodia cautelare, con particolare riferimento alle esigenze cautelari di cui all’art. 274, comma 1, lettera c) del codice di procedura penale, finalizzato a un puntuale bilanciamento tra presunzione di innocenza e garanzie di sicurezza, disponendo il sacrificio della libertà personale attraverso la custodia cautelare per pericolo di reiterazione nei confronti di incensurati solo per reati di grave allarme sociale e per reati che mettono a rischio la sicurezza pubblica o privata o l’incolumità delle persone”. Detto in termini più comprensibili, per esempio, non sarebbe più possibile disporre la custodia cautelare (in carcere o agli arresti domiciliari) per i reati di concussione o corruzione, ma anche di traffico di stupefacenti.
Il ragionamento (si fa per dire) su cui l’iniziativa si fonda contiene una serie di errori di diritto, di fatto e di logica. Si parte dall’assunto che “nelle carceri italiane è presente un’alta percentuale di detenuti in custodia cautelare; dal 1992 a oggi si sono registrati oltre 30 mila casi di ingiusta detenzione di fronte ai quali lo Stato ha pagato a titolo di riparazione la somma di oltre 874 milioni di euro”.
Intanto l’alta percentuale di detenuti in custodia cautelare dipende in larga misura dalla bassa percentuale di detenuti definitivi, cioè in espiazione di pena. In Italia gli anni di pena detentiva inflitti dai giudici sono di 9 mesi. Infatti, per ogni 6 mesi di regolare condotta (che vuol dire assenza di punizioni) vi sono 45 giorni di sconto, per cui ogni anno comporta la riduzione di tre mesi. Quando la pena residua da scontare non supera i 4 anni, si può essere affidati al servizio sociale e quindi cessa la detenzione. Siccome la custodia cautelare si detrae dalla durata della pena e stante la durata dei procedimenti, non è facile trovare detenuti in espiazione di pena, se non per condanne a pene di elevata entità.
L’ingiusta detenzione e i relativi indennizzi sono la conseguenza inevitabile del codice di procedura penale in vigore dal 1989, il quale prevede che, in linea di principio, gli elementi di prova acquisiti prima del processo non valgono nel processo: sembra uno scherzo ma è vero.
Ricordo un episodio nei primi tempi della vigenza di questo codice: una persona di buona cultura, ma estranea al mondo giudiziario, citata come testimone, alla domanda di riferire i fatti di cui era a conoscenza rispose che confermava ciò che aveva dichiarato ai carabinieri. Il presidente gli spiegò che il tribunale ignorava ciò che lui aveva dichiarato ai carabinieri (non perché i giudici fossero negligenti, ma perché la legge non consente, salvo eccezioni, la conoscenza da parte dei giudici degli atti delle indagini preliminari) e quindi doveva avere la pazienza di ripeterlo. Il testimone, stupito, chiese se davvero i giudici ignorassero quanto lui aveva riferito ai carabinieri e alla conferma da parte del presidente disse: “E come fate a giudicare?”.
Una persona sana di mente, che impatta con le regole del processo penale italiano, in effetti fa fatica a comprenderle.
Siccome per una vasta categoria di persone (ad esempio gli imputati di reato connesso) è consentito non rispondere (facoltà limitata solo dopo aver ottenuto l’assoluzione di numerosi soggetti politici raggiunti da schiaccianti elementi di prova) è accaduto che numerosi soggetti imputati di corruzione siano stati assolti dopo aver patito custodia cautelare, ad esempio perché i corruttori che avevano detto di averli pagati, dopo aver patteggiato la loro pena, si erano avvalsi della facoltà di non rispondere.
Così gli accusati di corruzione sono stati assolti e indennizzati per la custodia subita.
Non si tratta perciò di errori giudiziari, ma dell’effetto di simili regole, in questa forma, sconosciute in altri Stati.
Nell’ordine del giorno presentato da Costa e Bezzoni si legge: “L’esigenza cautelare di cui all’art. 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale prevede una prognosi di reiterazione del reato che solo la misura del carcere o dei domiciliari può scongiurare; tale esigenza cautelare deve tuttavia conciliarsi con il principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza, che assume maggior forza laddove ci si trovi a operare la prognosi su un soggetto incensurato; in altre parole, qualcuno la cui responsabilità non è ancora stata accertata, che sia dunque sospetto, ma goda della presunzione di non colpevolezza e non abbia mai subito condanne, subisce una misura cautelare sulla previsione che possa reiterare un reato non ancora accertato. Un sospetto basato su un sospetto: sospetto di reiterazione del reato nei confronti di chi è solo sospettato di aver commesso quel reato, ma non è ancora stato dichiarato colpevole – anzi è presunto innocente – né lo è stato in passato”.
Qui ci sono evidenti errori di logica e ignoranza delle realtà delinquenziali.
Anzitutto ci sono reati che, normalmente possono essere commessi solo se si è incensurati. Per esempio, un funzionario pubblico di carriera può farsi corrompere solo se è in servizio (e quindi non deve essere stato condannato per un reato di corruzione, altrimenti sarebbe stato destituito o, nelle more, sospeso). Peraltro, si tratta di reati normalmente seriali e quando tali soggetti confessano, riferiscono a volte decine di analoghi episodi precedenti. Certo una volta allontanati dall’amministrazione di appartenenza potranno continuare a delinquere come intermediari (salvo che abbiano collaborato con gli inquirenti: chi volete che si avvalga da soggetti che nel gergo criminale vengono definiti “infami”) ma non come destinatari di corruzione.
L’idea sottesa all’ordine del giorno è che la corruzione non rientri nei “reati di grave allarme sociale e per reati che mettono a rischio la sicurezza pubblica o privata o l’incolumità delle persone”. Tuttavia nel preambolo della Convenzione di Merida contro la corruzione si legge che gli Stati contraenti “preoccupati dalla gravità dei problemi posti dalla corruzione e dalla minaccia che essa costituisce per la stabilità e la sicurezza delle società, minando le istituzioni e i valori democratici, i valori etici e la giustizia e compromettendo lo sviluppo sostenibile e lo Stato di diritto; preoccupati anche dai nessi esistenti tra la corruzione e altre forme di criminalità, in particolare la criminalità organizzata e la criminalità economica, compreso il riciclaggio di denaro; preoccupati inoltre dai casi di corruzione relativi a considerevoli quantità di beni, i quali possono rappresentare una parte sostanziale delle risorse degli Stati, e che minacciano la stabilità politica e lo sviluppo sostenibile di tali Stati”.
Ma anche nel traffico internazionale di stupefacenti è necessario avere conoscenza del mondo dei trafficanti e tale conoscenza implica sovente analoghe precedenti condotte criminose e il fatto che non siano ancora stati condannati non significa nulla in punto di pericolo di reiterazione.
Secondo l’idea sottesa alla proposta contenuta nell’ordine del giorno citato, tutti costoro non potranno essere arrestati, almeno fino a quando non saranno stati condannati con sentenza definitiva per un precedente reato, vale a dire 5 o 6 anni almeno dopo la commissione del nuovo reato.
Chissà cosa ne penseranno dopo questa trovata GRECO (Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d’Europa) e le Nazioni Unite di questa lunga marcia dell’Italia verso il traguardo di diventare uno Stato canaglia.

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