sabato 24 agosto 2024

Gran bel posto!

 

L’estate di Ginostra senza strade né lussi un asino per amico e il respiro del vulcano
di ANDREA IANNUZZI
Il benvenuto di Ginostra ai suoi ospiti è un promemoria, scandito a ogni tornante del sentiero che dal molo si inerpica sulla scogliera: la prossima volta ricordati di portare un bagaglio più leggero. L’alternativa è il servizio offerto da Aghit, il conduttore cingalese dell’asino che rappresenta l’unico mezzo di trasporto del borgo, lungo una manciata di metri di viottoli, scalini e dislivelli. In realtà gli asini sarebbero due, così come i conduttori, ma il socio di Aghit è in congedo di paternità e così tocca a lui sobbarcarsi il lavoro dell’intera estate.
Ai ritmi di Ginostra ci si abitua in fretta o non ci si abitua affatto: è uno di quei posti senza mezze misure, anche se non così inospitale come fino a pochi decenni fa, quando non c’era la corrente nelle case e per l’acqua bisognava attingere ai pozzi — alcuni ancora lo fanno, un po’ per vezzo un po’ perché anche il rumore dei motorini delle pompe suona fuori contesto. Questo mucchietto di case costruite con roccia vulcanica, sul versante occidentale di Stromboli, è una specie di isola nell’isola, raggiungibile solo via mare specie ora che, altra concessione alla modernità, è stato ampliato il molo per consentire l’attracco delle navi. Non ci sono ormeggi, non importa quanto sia lussuoso lo yacht, deve stare in rada: l’anno scorso è toccato aKoru , il tre alberi di 127 metri di Jeff Bezos. Con il vulcano a fare da barriera alle spalle e il resto dell’arcipelago da abbracciare in uno sguardo di fronte, può capitare di restare bloccati per giorni, in attesa che le onde e il maestrale smettano di spazzare la massicciata frangiflutti. In quei casi, se il mondo là fuori ti richiama ai tuoi doveri, l’unica possibilità è provare a raggiungere il porto di Stromboli grazie al servizio taxi del mitico Paolo, la cui abilità a sfidare la risacca per infilarsi nel porticciolo considerato il più piccolo del mondo travalica i confini dell’isola.
Ma di solito, chi di Ginostra si innamora, fretta di andarsene non ne ha. E anzi osserva con malcelato elitarismo l’arrembaggio dei gommoni che da Stromboli o dalla vicina e sciccosa Panarea, verso sera, scaricano frotte di turisti venuti a consumare il rito dell’aperitivo al tramonto. È questo il momento clou della giornata ginostrina, quando sul sagrato della chiesetta si incontrano due tribù diverse per abbigliamento e atteggiamento: dal mare salgono agghindati e ansiosi di vivere la loro fugace esperienza, dalle pendici del vulcano scendono trasandati e indolenti, in attesa che il crepuscolo restituisca quiete e solitudine. Racconta agli amici Paolo Virzì che l’idea di Ferie d’Agosto gli venne proprio qui a Ginostra, osservando l’interazione tra gli archetipi dei Mazzalupi da sbarco e dei Molino stanziali, ché in effetti, bisogna ammetterlo, un certo tasso di radical chic si respira nelle tavolate sotto i bagli, dove adagiati sui cuscini dei bisuoli fraternizzano l’economista di fama con accento italo-inglese, l’esperto d’arte, lo chef che non rinuncia alla sua passione, gustando piatti gourmet adagiati sui cuscini dei bisuoli. Vip e influencer in compenso non se ne vedono, tenuti lontani dall’assenza di lusso e comodità: niente alberghi, niente spa, un solo ristorante aperto in attesa che qualcuno rilevi il mitico Puntazzo , un tempo ritrovo dei pionieri e ora abbandonato; niente discese al mare se non a rischio di gimkane tra gli scogli, con l’eccezione del Lazzaro, spartano scivolo per barche da pesca che si palesa come un miraggio alla fine di un impervio sentiero a mezza costa. Una leggenda ginostrina vuole che di notte, da quelle parti, possa capitare di incontrare un bambino assetato ma quando si torna a portargli l’acqua il bimbo non c’è più: è lo spirito di uno dei fanciulli dispersi in quelle acque oltre un secolo fa. Proprio a metà del percorso, unica concessione all’etichetta di paese vip-free, la residenza diffusa della dinastia Bulgari quella dei gioielli. Si narra che la richiesta di una piazzola d’atterraggio per l’elicottero privato sia stata sdegnosamente bocciata, cosicché l’unica area pianeggiante di Ginostra rimane quella artificiale riservata all’elisoccorso. Già, perché uno degli svantaggi delposto è avere problemi urgenti di salute: ma ecco che in questo caso si attiva il 118 e può accadere che in piena notte il silenzio e il buio primordiale vengano squarciati dall’accendersi dei fari dell’eliporto, ché la salvezza arriva sempre dall’alto.
Eppure, nonostante l’inospitalità, a Ginostra non c’è solo chi trascorre le vacanze estate dopo estate, vedendo crescere figli e nipoti e sbocciare amori quasi incestuosi in una comunità che è come un’unica famiglia. Ci sono anche i residenti, poche decine di persone appartenenti in gran parte a due famiglie di cui si narra un’antica rivalità, rappresentata dalla concorrenza tra le due botteghe che fungono da spaccio e supermarket, ma che non è più ostile di qualunque rapporto di vicinato condominiale. E altri personaggi romanzeschi hanno eletto Ginostra a loro dimora permanente, come la tedesca Karola che vive insieme al marito Ulli su al Timpone, ultimo avamposto di civiltà prima del regno del vulcano: lei gestisce con passione e piglio teutonico gli appartamenti da affittare, mentre di lui — attivista per la salvaguardia del paese quando i turisti se ne vanno — si racconta che abbia scelto questo buen retiro dopo una carriera da psicologo e una gioventù rivoluzionaria: si sussurrano dettagli sospesi tra verità e leggenda, e non si indaga oltre.
Sullo sfondo di tutto rimane il vero signore e padrone di Ginostra, al cui carattere brontolone tutti devono adeguarsi: sua maestà lo Stromboli. Quest’anno ha fatto i capricci, proprio alla vigilia della stagione turistica, così da provocare un certo numero di disdette. Ora si è placato, nonostante ogni sera dal mare si assista a pellegrinaggi di barche e spettatori con la speranza di ammirare le lingue rosse di lava lungo la Sciara del fuoco, o gli sbuffi dalla bocca del cratere che poi ricoprono di cenere ogni lembo del borgo. Ma se hai scelto Ginostra, dopo un po’ impari a dare del tu anche a Iddu.

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