mercoledì 28 agosto 2024

E noi differenziamo!


Africa e Indonesia, dallo scalo ligure le rotte incriminate

La città della Lanterna. Snodo dell’80% di traffici illeciti: da qui le industrie del Nord inviano all’estero

Da “il Fatto Quotidiano”

Una frontiera invisibile, da cui secondo i rapporti passa l’80% dei traffici illeciti di rifiuti: il porto di Genova è l’hub fondamentale attraverso cui transitano tutti i rifiuti delle industrie del Nord destinati a essere smaltiti all’estero. I rifiuti, laddove possibile, dovrebbero essere conferiti vicino al luogo di produzione. La convenzione di Basilea vieta l’esportazione verso i Paesi più esposti ai traffici clandestini, ma queste imposizioni vengono spesso aggirate con triangolazioni. Nei fatti, nonostante le crescenti restrizioni (la Cina dal 2010 non accetta più la nostra plastica) il business delle ecomafie, e dell’esportazione illegale, è un settore che non conosce crisi. E su cui guadagnano tutti gli attori coinvolti nella filiera: da chi smaltisce a chi trasporta.
Di questo flusso, conosciamo sostanzialmente solo ciò che l’Agenzia delle Dogane riesce a intercettare, prima che di quei rifiuti, appena passati i confini, non si perda definitivamente traccia: i controlli a campione, aiutati da sistemi centralizzati di intelligence, riguardano appena il 2% dei transiti. Nei soli primi sei mesi del 2024 l’ufficio delle Dogane di Genova ha bloccato 233 tonnellate di rifiuti, 8 spedizioni illecite dirette in Nordafrica.
Sono due le principali rotte ricostruite dagli esperti: la prima porta al Nordafrica e a vari Paesi del Centrafrica, e riguarda principalmente rifiuti elettronici, rottami di auto o moto, e tutta una serie di materiali che vanno dagli pneumatici agli estintori; la seconda, più sofisticata, è la rotta dei rifiuti speciali e con residui plastici, che porta soprattutto verso Turchia e Pakistan, e o più spesso in Paesi del Sudest Asiatico, come l’Indonesia.
La beffa, in questo caso, è che aggirando le normative di settore, ciò che viene portato all’estero in modo illecito, va a fare numero sulla percentuale di rifiuti che l’Italia dichiara di trattare e riciclare.
Il traffico verso i Paesi africani, spiegano gli esperti del settore, ha forme più rudimentali: ciò che si vede, spesso, è solo l’ultimo anello della catena. Di solito a finire nelle maglie delle Direzioni distrettuali antimafia, competenti in tema di traffici illeciti di rifiuti, sono soggetti stranieri, che operano individualmente e spesso camuffano i rifiuti come masserizie: abiti od oggetti usati, che passano la frontiera come merce, invece che come rifiuto; al terminal di Genova-Pra’ arrivano in container già sigillati, caricati e trattenuti illegalmente in magazzini del Norditalia. In Tunisia, Algeria, Marocco e Libia finisce soprattutto il ciclo dei veicoli e dei rottami ferrosi, che in molti casi dovrebbero essere smaltiti e non esportati. In Centrafrica – Camerun, Burkina Faso, Nigeria e soprattutto Ghana – finiscono in modo più sovente in rifiuti elettronici (Raee).
Il caso più eclatante è quello di Agbogbloshie, mega discarica abusiva a cielo aperto alle porte di Accra, capitale del Ghana: un sito esteso per oltre trenta ettari, su cui si stima siano stati depositati illegalmente 16 mila tonnellate di rifiuti elettronici. Un inferno a cielo aperto, dove spesso i resti della nostra parte di mondo vengono bruciati per recuperare materiali rari, liberando nell’aria o nelle acque diossine e altre sostanze inquinanti.
Un inferno a cielo aperto in mano alla malavita organizzata, conosciuto col nome sinistro di Sodoma e Gomorra. Secondo le Nazioni Unite nel 2022 sono state prodotte nel mondo 62 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, l’82% in più del 2010; e il tasso di produzione dei rifiuti cresce 4 volte in più del riciclo. Nel 2022 l’Europa è stata la regione mondiale che ha generato il maggior numero di rifiuti elettronici (17,6 kg pro capite), pur avendo il più alto tasso documentato di raccolta e riciclaggio (7,5 kg pro capite, 42,8%). Solo l’Italia nel 2022 ha prodotto 1.122 tonnellate di rifiuti elettronici. Secondo il rapporto Ecomafie di Legambiente, nel 2023 i reati ambientali sono aumentati del 15,6%, per un totale di 35.487 illeciti penali, 97,2 reati al giorno, e un fatturato di 8,8 miliardi.

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