lunedì 15 luglio 2024

Commento al centimetro

 

Tutto in un centimetro
di Marco Travaglio
Il video del proiettile che sibila sfiorando il testone tinteggiato di Trump e lo manca di quel centimetro che separa la morte fisica dalla resurrezione politica potrebbe aver chiuso la campagna elettorale d’America prim’ancora che cominci. E ancor più i due fotogrammi successivi che ritraggono l’unico momento autentico di una vita fasulla: l’omaccione di 1 metro e 90 per almeno 110 chili che si lancia agilmente a terra, poi si libera della morsa dei servizi segreti per rialzarsi col volto rigato di sangue, il pugno chiuso e il triplice urlo “Fight!” (combattete), come un moderno Capaneo dantesco, pare il figlio di Biden. Che ha solo tre anni di più, ma ora tutti lo immaginano su quel palco, immobile e inebetito, che si fa crivellare di colpi mentre cerca di capire che sta succedendo e magari tenta di andare incontro ai proiettili. Difficile che Biden o l’eventuale rimpiazzo, sempreché i Dem riescano ad accordarsi su uno solo, possa bilanciare la forza di quei fotogrammi. Che accreditano nell’immaginario collettivo The Donald come l’unico presidente possibile nelle condizioni date. E ribaltano spettacolarmente la narrazione dominante: il bullaccio plurimputato, eversore e golpista che fomenta la violenza politica e minaccia la democrazia; e il nonnetto mite e un po’ rinco che difende gli antichi valori.
L’aggressore Trump diventa l’aggredito dalla violenza politica e il famigerato Deep State che telecomanda il presidente è sospettato di non aver protetto l’avversario, lasciando che uno svalvolato armato di fucile e bombe armeggiasse indisturbato su un tetto a 150 metri dal palco e gli sparasse, mancando d’un soffio l’obiettivo di fargli esplodere il capoccione in mondovisione. Ammesso che, nell’èra dei social, le elezioni abbiano qualcosa di razionale, non ci sarà più un barlume di razionalità nella campagna presidenziale. Solo percezioni, emozioni, passioni, umori, malumori. E immagini, quelle immagini, a cui difficilmente Biden o chi per lui riuscirà a contrapporne altre di pari efficacia. Il cielo azzurro di Pennsylvania, la bandiera a stelle e strisce, il rigagnolo di sangue dall’orecchio destro alla guancia del candidato, il pugno alzato del combattente, fisicamente prestante, pronto di riflessi, saldo di nervi e soprattutto fortunatissimo potrebbero cancellare tutti i processi, le accuse di golpe a Capitol Hill, le menzogne elettorali, persino il contrappasso tragicomico del fautore delle armi a tutti ferito da un pazzo armato fino ai denti. Soprattutto se il furbacchione manterrà la postura degli ultimi giorni, ovviamente finta come tutto: quella del magnanimo pacificatore che tiene uniti gli americani, senza più soffiare sul fuoco. Che gli serve quando perde, non quando sta per vincere.

Nessun commento:

Posta un commento