Dire minchiate non è reato
DI MICHELE SERRA
Non spendo neanche mezza parola per dire, tra il Vannacci e Paola Egonu, da che parte sto. Ma credo che il Tribunale di Lucca abbia fatto bene ad archiviare l’accusa di diffamazione mossa da Egonu al Vannacci per averla definita “non rappresentativa dell’italianità”. Frase “impropria e inopportuna” secondo lo stesso Tribunale, ma non tale da costituire reato.
Traduzione dal giudicese all’italiano: dire minchiate non è reato.
La vicenda serva da lezione a tutti noi che stiamo con Egonu. Non bisogna offendersi. Non bisogna indignarsi. Non bisogna querelare (a parte i rari casi nei quali la querela è nelle cose, è dovuta, è inevitabile). Non bisogna mostrare le ferite. Bisogna andare sorridendo alla guerra delle parole e dunque alla guerra della politica, ribattere colpo su colpo, chiamare pregiudizio il pregiudizio, razzista il razzista, minchiata la minchiata, Vannacci i Vannacci. La principale prova a carico dei razzisti è la realtà, contrapposta ai loro fantasmi. E dunque impariamo a sbandierare la realtà e vinceremo la guerra. Se Egonu entrasse nell’aula dell’eventuale processo alle opinioni di Vannacci, non sarebbe la parte lesa.
Sarebbe la prova vivente (stavo per dire schiacciante, che nel suo caso calza benissimo) che Vannacci ha torto: sì, ho la pelle scura, sì, sono italiana. Altre domande?
Non si tratta di porgere l’altra guancia, si tratta di sollevare entrambe le guance di qualche spanna al di sopra. C’è una overdose di suscettibilità che va trasformata in combattività. Abbiamo ragione, che diamine, e per dimostrarlo non serve andare dall’avvocato. Serve dirlo a viso aperto, ogni giorno, senza paura.
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