sabato 11 maggio 2024

L'Amaca

 

Era una notte buia e tempestosa

di Michele Serra

Su un punto il partito chiamato per comodità “dei garantisti”, antagonista di quello chiamato, sempre per comodità, “dei giustizialisti”, mi sembra abbia ragione. Toti è stato arrestato alle tre del mattino, come per sorprendere nel sonno il latitante o il fuggiasco.

Non è un’eccezione, anzi. Un mio amico, sindaco di un paesino, anni fa venne cercato all’alba dai Carabinieri. Era fuori casa, fu avvertito dai vicini e telefonò all’Arma (li conosceva bene, lo conoscevano bene, si chiamavano per nome): «Perché tutto questo casino? Bastava telefonarmi. Mi presento in caserma tra un quarto d’ora». E così fece.

Il lavoro degli inquirenti è difficile e delicato, si capisce. Può essere che si acciuffi nottetempo il ricercato per evitargli l’onta di un pubblico arresto mentre è al lavoro, o sta cenando in famiglia. Ma l’idea che si venga sorpresi nel sonno, come Mesina in Barbagia, ha un effetto drammatizzante e noir del quale, francamente, non si sente il bisogno.

Nelle parole, nei toni, negli umori di chi interviene, si coglie un’enfasi non necessaria: un’inchiesta così rilevante, degli arresti così eccellenti, delle accuse così gravi, sono di per sé drammatici, e lo sono oggettivamente. Ogni sottolineatura retorica, ogni aggiunta non richiesta sembra un errore di sceneggiatura.

Nel caso di un pregiudicato evaso, si intende la necessità della caccia all’uomo. Ma nel caso di un incensurato, non sospettabile di fuga in elicottero, per giunta persona pubblica ampiamente rintracciabile, non basterebbe una telefonata, tipo “ci dispiace ma lei è in arresto. Si presenta subito in caserma o dobbiamo venire a prenderla?”. I diritti dell’imputato valgono per tutti. Perfino per un presidente di Regione.

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