giovedì 14 marzo 2024

Ancora sul senno

 

Gli incubi e la realtà
di Marco Travaglio
Il principio di realtà fatica ad affermarsi non solo nel dibattito sulla guerra in Ucraina, ma anche in quello sulla politica italiana. E a espellerlo sono proprio coloro che dovrebbero basarsi sui fatti: i giornalisti. Che continuano a scambiare i loro desideri (o quelli dei loro padroni) per la realtà, con effetti comici. Dopo la vittoria di Todde in Sardegna vaneggiavano delle magnifiche sorti e progressive del campo largo (che non c’era: Azione e Iv stavano con Soru portandogli sfiga), piangevano per la dipartita dell’amato Centro e attaccavano Conte perché non era morto neanche stavolta, anzi sognava di sorpassare il Pd e – orrore – di tornare al governo. Ora, dopo la vittoria di Marsilio, vaneggiano della fine del campo largo (che ha portato sfiga a chi ci stava), esultano per la rinascita dell’amato Centro e attaccano Conte perché è rimorto un’altra volta. I più ridicoli spiegano le cadute di Lega e M5S come la giusta punizione per le immaginarie nostalgie gialloverdi, il “populismo” e la ritrosia a prolungare la guerra fino all’ultimo ucraino, come se gli abruzzesi avessero votato compulsando Limes. Eppure le analisi dei flussi confermano che gli elettori, specie nelle elezioni locali, sono l’opposto di come li immaginano o li vorrebbero i giornaloni: se ne infischiano degli ordini dei partiti, dei campi più o meno larghi, del Centro, del populismo, del sovranismo, dell’atlantismo e di altre fumisterie politichesi. Badano al sodo: scelgono il candidato e la coalizione che ritengono il meglio o il meno peggio per i loro interessi.
E gli elettori non sono tutti uguali: quelli ideologizzati votano sempre centrodestra o centrosinistra; quelli sudditi-scambisti votano chi li ha favoriti o chi potrebbe favorirli; quelli liberi o “di opinione” fluttuano da una parte all’altra o si astengono a seconda di ciò che passa il convento. Il M5S pesca soprattutto in quest’ultimo bacino: quello di chi chiede onestà, trasparenza, coerenza, soprattutto diversità e rinnovamento. Se sente puzza di establishment, non vota. Apprezza la leadership Pd dell’outsider Schlein, ma in Abruzzo è rimasto in gran parte alla larga da una coalizione con Calenda e Renzi e da un candidato presidente troppo vicino al ras D’Alfonso. Gli elettori Pd sono di bocca più buona: negli anni han dovuto votare pure Renzi e Calenda, oltreché legioni di impresentabili, e ingoiare governi tecnici e ammucchiate con B.. Ma hanno digerito tutto (almeno quelli rimasti) per l’ansia di governare purchessia, non avendo nel sangue l’opposizione. Però, appena han potuto scegliersi il segretario, hanno affossato il cocco dell’apparato, Bonaccini, e svoltato su Elly. I vertici Pd e M5S ascoltino di più gli elettori e meno i commentatori: per vincere le elezioni non basta, però aiuta.

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