“No a privilegi eterni”: Repubblica attacca solo quelli degli altri
AIUTI DI STATO - Saldo netto di 10 miliardi per l’ex Fiat. L’attacco, Messaggero e Foglio tra travi e pagliuzze
di Nicola Borzi
Fa specie leggere di “privilegi” se a usare la clava del “libero mercato” sono certe testate. Come Repubblica, controllata dalla Gedi degli Elkann-Agnelli azionisti di Stellantis, l’ex Fiat. Mentre il gruppo auto torna a battere cassa a Palazzo Chigi, minacciando di chiudere gli impianti in Italia se non incassa sussidi, il giornale fondato da Eugenio Scalfari redarguisce gli agricoltori con commenti intitolati “I privilegi non sono eterni”. La Stampa, sempre gruppo Gedi, piazza la notizia dello scontro Tavares-Urso in un trafiletto in prima e poi la relega a pagina 18. Eppure, secondo il libro Licenziare i padroni scritto nel 2004 da Massimo Mucchetti (ex giornalista dell’Espresso), Fiat ha sempre avuto come “socio comodo” lo Stato: nei soli anni 90 i governi le hanno versato aiuti per 5 miliardi di euro e ne hanno ottenuti 3,3 di imposte, con un bonus di 1,7 per la famiglia torinese e gli altri azionisti. Che nello stesso periodo iniettavano in Fiat capitale per 2,1 miliardi ma ne incassavano 2,9 con i dividendi. Altri stimano gli aiuti pubblici alla Fiat in oltre 10 miliardi.
A redarguire gli agricoltori sui benefici del “libero mercato” arrivano anche i commentatori del Messaggero, che su Stellantis ha sempre usato la mano leggera, come quando a novembre sventolava l’“aumento degli stipendi da gennaio”. Ma il cui editore Caltagirone vedrà le sue battaglie finanziarie beneficiate dalle norme sulle assemblee delle società quotate inserite nel decreto Capitali del governo Meloni. Di rinforzo contro i coltivatori spunta Claudio Cerasa, direttore del Foglio, che spiega “Mercato, Europa, globalizzazione: gli agricoltori combattono in piazza tutto ciò che ha permesso all’agricoltura di prosperare”. Il Foglio però su Tavares & C. titola “Attrarre, non litigare. Cosa manca al governo quando parla di auto”. Dal 1997 al 2021 il giornale ha ricevuto aiuti pubblici per 61,5 milioni: loro sì s’intendono di “libero mercato”.
Certo, l’agricoltura europea è sussidiata sin dal 1962, quando fu varata la Pac per tutelare un settore strategico e regolare l’esodo dai campi per impedire la desertificazione produttiva e demografica delle aree rurali. Ma se si guarda alle cifre, la Ue la sostiene anche meno di altri grandi Paesi. Secondo l’Ocse nel 2021 i sussidi alla produzione agrozootecnica Usa erano pari al 10,6% del fatturato. In Italia, secondo l’Istat, nello stesso anno valevano meno del 7,8% dei ricavi ed erano molto disomogenei a livello territoriale, settoriale e aziendale.
Il reddito operativo medio dell’azienda agricola italiana due anni fa era di 34.772 euro: un valore lordo e variabile che rappresenta le entrate delle famiglie coltivatrici. Dal 2023, poi, la nuova Pac ha tagliato gli aiuti del 15%: per l’Italia sino al 2027 saranno in totale 35 miliardi, 26,6 di fondi Ue e 7,4 di cofinanziamento nazionale, che vanno a sostenere 1,13 milioni di aziende con 1,46 milioni di agricoltori e familiari collaboratori e 1,3 milioni di braccianti. Ma i “privilegi”, a quanto pare, sono sempre solo i loro.
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