giovedì 28 dicembre 2023

L'Amaca


L’antifascismo come burla

di Michele Serra

Se è vero che il possibile candidato della destra al governo di Firenze, Eike Schmidt, fin qui direttore degli Uffizi, si dichiara «antifascista», gli andrebbe chiesto se ha capito bene chi vorrebbe candidarlo. E se chi vorrebbe candidarlo ha capito bene quello che Schmidt sostiene di essere.
Va bene che la politica italiana ha la consistenza etica e la fermezza ideale di un budino, ma forse un limite al ridicolo dovrebbe essere messo.
A meno che si tratti di un geniale espediente per rafforzare e ampliare il famoso piano di nuova egemonia, anzi di “nuova narrazione” della destra al potere: così come Dante, Manzoni, la Rai, il Risorgimento, la religione cattolica e il gioco dei pacchi in prima serata, anche l’antifascismo, checché ne dica la storia manipolata dalla sinistra, è di destra.
E che al governo i fascisti a tutto tondo si contino a bizzeffe, a partire dal capo dell’arditismo fiorentino, il camerata Donzelli, è un dettaglio al quale solo una propaganda malevola può appigliarsi.
A pensarci bene, è come quando il miliardario Berlusconi faceva pubblicità elettorale come “presidente operaio”, e si spacciò perfino per partigiano. Significava che non solo voleva vincere, voleva proprio stravincere, e pure pigliare per il culo gli sconfitti.
Ora c’è da seguire questa nuova sfida al buon senso (neanche all’ideologia, che è vizio da intellettuali; al buon senso, che è virtù da mercato rionale): l’antifascista candidato dai fascisti.

Già, perché la vera forza della destra italiana è che, pur di vincere, voterebbe per chiunque, perfino per un antifascista. E la vera debolezza della sinistra italiana è che, pur di perdere, non voterebbe per nessuno.

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