Un argomento poco da social
DI MICHELE SERRA
Un uomo di ottant’anni è certamente più vicino alla fine che all’inizio: di questo Reinhold Messner, serenamente, aveva cercato di parlare in un suo post, forse nonrendendosi conto dell’emotività incontrollata che l’argomento può sollevare in quel regno del Sopra le Righe (altro che gli ottomila…) che sono i social. Mancava solo che qualcuno gli chiedesse luogo e ora delle esequie, o deponesse peluche alle pendici dell’Everest.
“Ho capito che molte persone hanno un problema con la morte”, ha poi detto Messner parlando con Giampaolo Visetti. Si è sentito quasi costretto a spiegare che non solo è ancora vivo, ma sta piuttosto bene.
Solo che è vecchio – questo stava cercando di dire – e i vecchi hanno il diritto e forse anche il dovere di pensare che la vita, prima o poi, finirà. Avvicinandosi il valico, si voltano e guardano indietro. Nel suo caso, sorridendo, e con lo sguardo luminoso.
Ma questo è un buon argomento per una chiacchierata affettuosa con le persone più prossime. O per un romanzo, o per un film (mi viene in mente Youth, il film di Sorrentino che ho preferito). La vecchiaia e la morte non hanno ancora trovato una loro confezione mediatica presentabile, non è un format, la parte finale della vita, che riesce ad adattarsi ai “mi piace” e agli emoticon. In attesa che questo avvenga – ma bisogna essere molto ottimisti – è meglio custodire nello zaino il proprio respiro che chiede di rallentare e i propri passi che si fanno più riflessivi. A dire cose profonde, si rischia l’equivoco.
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