giovedì 7 dicembre 2023

Grande Amaca

 

L’apparizione dell’albero sacro
di Michele Serra
In cima alla scalinata di Piazza di Spagna c’è l’albero di Natale bianco di Christian Dior. Come tutto o quasi il lusso di ultima generazione, è per metà regale e per metà burino (la crisi del ceto medio è anche estetica, tutto quello che sta in mezzo tra il regale e il burino sta inesorabilmente scomparendo). Nella prima luce dell’alba l’albero risplende nel silenzio, come un idolo benedicente. La gradinata è deserta, giù nella piazza quasi nessuno, un paio di taxi fermi, qualche bar che apre. Dietro l’albero, a chiudere la prospettiva, la grande facciata chiara della chiesa di Trinità dei Monti sembra solo una quinta. Potrebbe essere la prima scena di un film di Sorrentino.
L’intervento dei privati e dei loro soldi nella vita delle nostre comunità è annoso, inevitabile e anche giusto, fa parte, a modo suo, della redistribuzione dei redditi, fa pubblicità ma fa anche comunità, impone il marchio ma imponendolo costruisce, arreda, addobba, tiene compagnia, fa mecenatismo. Aiuta lo Stato e gli enti locali ad alleviare la cronica micragna delle casse pubbliche
Eppure, di mattina molto presto, quando anche i gabbiani di Roma, grandi come pterodattili, non si sono ancora levati in volo, l’incontro con il totem Dior, in uno dei luoghi più famosi e più belli del mondo, mi è sembrata l’apparizione finale: il segnale della nostra definitiva consegna alla maestà del mercato. Non è una novità, è un passaggio d’epoca certificato da tempo, ci siamo così abituati che se domani ripasso di qua, dell’albero nemmeno mi accorgo. Mercoledì mattina però me ne sono accorto. Mi è anche sembrato di sentire, attorno a lui, il Te Deum: o eterno padre, tutta la terra ti adora.

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