La neo-Leopolda di Renzi, sceicco e maggiordomo
di Daniela Ranieri
Matteo Renzi, uno degli invitati più ricchi alla festa post(?)- fascista di Atreju dopo Elon Musk e Flavio Briatore, ha rilasciato un’intervista a Sette nel numero dedicato al dittatore bin Salman, in qualità di uomo-sandwich del regime saudita. Il risultato è un gas esilarante pieno di recriminazioni, conflitti d’interesse, fole e naturalmente pubblicità (non diciamo “marchette” perché il soggetto ha la querela facile).
L’assunto-base dell’intervista è che finalmente il mondo si è accorto di quanto Mohammed bin Salman sia “un cardine dello scacchiere internazionale” e quindi di quanto avesse ragione Renzi quando dietro compenso, mentre in Italia faceva cadere un governo sotto una pandemia, volò a Riad per fingere di intervistare il principe, chiamato con deferenza “Vostra Altezza” e “amico mio”, e rivolgergli in lingua Googlish queste testuali parole: “È un grande piacere e onore essere qui con il grande principe… Per me è un privilegio poter parlare con te di Rinascimento. Credo che l’Arabia Saudita possa essere il luogo per un nuovo Rinascimento futuro”. Ma come ha fatto a divinare il futuro, “cosa ha visto prima degli altri?”, gli domanda l’intervistatore. Qui Renzi sceicco si auto-incensa: “Penso che i politici si dividano in due categorie… quelli che seguono l’onda della quotidianità: commentano su tutto, twittano in continuazione, esprimono i propri pensierini” (chi volesse può consultare il nostro archivio di tweet renziani dal 2013: una Bibbia di pensierini di abissale insensatezza); “e poi ci sono politici che provano a raccontare il futuro prima che accada correndo il rischio dell’impopolarità”. Un rischio che Renzi non corre, essendo l’impopolarità un polo interno alla scala che al capo opposto ha la popolarità, mentre lui, detestatissimo, risiede stabilmente nei valori negativi o non rilevabili della classifica.
La prova che trattavasi di vero Rinascimento, il periodo storico in cui fiorì l’Umanesimo, alveo di un renzismo ante litteram, è che l’Arabia è “un Paese di giovanissimi che sono coinvolti in eventi di rilievo internazionali. Con lo sport… a cominciare dal calcio, ma anche e soprattutto con la cultura… un fiorire di concerti, mostre, festival, eventi”. Un modo per dire che Riad, avendo solo l’argomento del denaro sonante ed essendo priva di geni quali Leonardo e Michelangelo, si compra tutto e tutti: allenatori, calciatori, capolavori artistici, sponsor e, come sappiamo, personaggi politici. “AlUla è una meraviglia assoluta, che vale da sola un viaggio in Arabia”, prosegue Renzi, che incidentalmente siede, oltre che nel board di una fondazione presieduta dal principe in cambio di una paga fino a 80 mila euro l’anno, anche nell’advisory board della Royal Commission per lo sviluppo di AlUla, la città “verde e sostenibile” che bin Salman usa come vetrina per ripulire un regime sporco di sangue. Per Renzi è un paradiso: “L’occupazione femminile cresce con percentuali incredibili”. Anche Amnesty International assegna all’Arabia Saudita un primato mondiale: triplicate le condanne capitali nel 2022, processi sommari, discriminazione contro le donne, torture, sfruttamento del lavoro, abusi sui migranti, sgomberi di massa di residenti per far posto alle costruzioni faraoniche di AlUla, appunto. È che Renzi e il principe, che la Cia e l’Onu ritengono il mandante dell’omicidio del giornalista Khashoggi, entrato nel consolato saudita di Istanbul con le sue gambe e uscitone a pezzi (non tutti: alcuni sono stati trovati in giardino), condividono una passionaccia: la “fame di futuro”, quell’insaccato di cui faceva il piazzista quand’era al governo e che conteneva l’affarismo, il cantierismo, lo Sblocca Italia, la riforma costituzionale etc. “L’Expo sarà il suggello della strategia Vision 2030”, dice, gongolando perché l’Italia ha perso e Riad, sua patria morale, ha vinto l’Expo. E in fondo Riad è una mega-Leopolda, dove ogni board è un “tavolo” come quelli a cui Renzi faceva sedere imprenditori, banchieri, squali della finanza, astronauti, atleti (che poi cominciarono a disdire, temendo i suoi auguri come la peste), la città ideale di Renzi, dove il volere del principe non è sottoposto a vincoli costituzionali, di leggi o sovrintendenze. In virtù di ciò bin Salman può portare la pace a Gaza: “Le monarchie arabe sosterranno il peso economico di ricostruire la Palestina”. Arrivano i petrodollari. Perciò il senatore col 34% delle presenze e il 100% dello stipendio è sempre in vetrina in Italia: “Se penso a tutti i soldi che sono arrivati a Gaza in questi anni e sono finiti in tunnel e armamenti, per non parlare della bella vita di qualche dirigente di Hamas all’estero, mi viene male al cuore”. Il male al cuore gli viene per i soldi finiti nelle tasche sbagliate (non le sue), giammai per i cadaveri su cui il principe edifica la sua gloria.
Nessun commento:
Posta un commento