mercoledì 1 novembre 2023

No, no, no!

 

La semidittatura
di Marco Travaglio
La cosiddetta riforma del premierato e dell’anti-ribaltone è una tale ciofeca che dobbiamo prepararci sin d’ora a raderla al suolo nel referendum. Ma non per i motivi che si sentono in giro, tipo che Mattarella se ne avrà a male perché gli levano i senatori a vita e il potere di inventarsi nuove ammucchiate più o meno “tecniche”. Con tutto il rispetto, chissenefrega: le riforme costituzionali non si fanno su misura per questo o quel presidente o premier. Ed è bizzarro che chi rimprovera giustamente la Meloni di farne una su misura per sé la rimproveri anche di non farla su misura per Mattarella.
Le schifezze della proposta non riguardano le persone, ma lo Stato che ne verrebbe fuori: una Repubblica non più parlamentare, né semipresidenziale, ma semidittatoriale. L’elezione diretta del premier non esiste in nessuna democrazia: fu introdotta in Israele nel ’92 e poi abolita dopo tre elezioni perché produceva più instabilità (l’opposto dello scopo dichiarato dai nostri padri ricostituenti). E – come già il mix fra la schiforma renziana e l’Italicum – il combinato disposto con una legge elettorale che dà il 55% dei seggi alla coalizione che arriva prima, anche se non prende neppure la metà dei voti, blinda la falsa maggioranza in una torre d’avorio inespugnabile. Anche se sta insieme con lo sputo e non combina più nulla, paralizzata da risse e veti incrociati, non c’è più verso di sfiduciarla. Non solo il capo dello Stato, ma soprattutto il Parlamento non contano più nulla.
Se si vogliono evitare i ricatti dei partitini e le crisi al buio, basta introdurre la “sfiducia costruttiva” (come in Germania, Spagna, Belgio ecc.): il Parlamento non può sfiduciare un governo se non ne ha già pronto un altro, anche con maggioranza diversa; o, in alternativa, alza bandiera bianca e si scioglie. Ma questo confligge con la fesseria contro i “ribaltoni”, che non esistono: se i parlamentari, ciascuno dei quali rappresenta l’intera nazione, vogliono formare una maggioranza diversa da quella iniziale, sono liberi di farlo. Purché sia gratis: ed è curioso che a tuonare contro i “ribaltoni” siano da 29 anni le destre figlie un leader, B., che andò al potere nel ’94 acquisendo parlamentari dall’opposizione in cambio di posti di governo, nel 2007 comprò senatori per ribaltare il Prodi-2 e nel 2010 raccattò altri voltagabbana per compensare la fuga dei finiani. Quanto ai governi di larghe intese, tecnici (Dini, Monti e Draghi) o politici (Letta), vietare la premiership ai non eletti non sarebbe servito a evitarli: sarebbe bastato che i partiti non li votassero. Purtroppo li votarono ora la Lega (Dini), ora FI e An con dentro la Meloni (Monti), ora FI (Letta), ora FI e la Lega (Draghi). Ora non si sa bene a chi vogliano impedire di rifarlo: a se stessi?

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