La carota istituzionale
DI MICHELE SERRA
La forma è sostanza, dice il saggio, ma è un concetto che, come comunità, abbiamo dimenticato da tempo immemorabile. Quando un membro della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai accoglie un giornalista “sotto esame” mostrando carota e cognac, come ha fatto l’esponente di Forza Italia Gasparri, vuol dire che confonde le istituzioni con il suo tinello: ovvero le abita (nel suo caso da una vita intera) non come uno dei momentanei rappresentanti, ma come un inquilino stabile, e in ciabatte. Non ha alcun rispetto non solo per il cittadino venuto a rendere testimonianza; neppure per il ruolo istituzionale che in quel momento ricopre.
Già quel ruolo è antipaticamente ingombrante: che il Parlamento sia dotato di uno strumento di controllo – nella sostanza uno strumento censorio – sulle attività del servizio pubblico televisivo è un malinteso al quale si sarebbe dovuto mettere fine da tempo. Se poi lo si ricopre, quel ruolo, senza alcuna percezione del proprio potere di intimidazione e di interferenza, come Gasparri ha fatto per molti anni (eguagliato, forse, solo dal renziano Anzaldi), sentenziando sul lavoro altrui senza capirne nulla, distribuendo pagelline e anatemi; e infine, forse ritenendolo spiritoso, si introduce un’udienza mostrando carota (??) e cognac (??) al cittadino che sta per essere ascoltato; beh, significa che la forma (che è sostanza) non è più percepita come un vincolo che riguarda tutti, e tutti ci rende uguali.
La forma è sostanza, dice il saggio, ma è un concetto che, come comunità, abbiamo dimenticato da tempo immemorabile. Quando un membro della Commissione parlamentare di Vigilanza sulla Rai accoglie un giornalista “sotto esame” mostrando carota e cognac, come ha fatto l’esponente di Forza Italia Gasparri, vuol dire che confonde le istituzioni con il suo tinello: ovvero le abita (nel suo caso da una vita intera) non come uno dei momentanei rappresentanti, ma come un inquilino stabile, e in ciabatte. Non ha alcun rispetto non solo per il cittadino venuto a rendere testimonianza; neppure per il ruolo istituzionale che in quel momento ricopre.
Già quel ruolo è antipaticamente ingombrante: che il Parlamento sia dotato di uno strumento di controllo – nella sostanza uno strumento censorio – sulle attività del servizio pubblico televisivo è un malinteso al quale si sarebbe dovuto mettere fine da tempo. Se poi lo si ricopre, quel ruolo, senza alcuna percezione del proprio potere di intimidazione e di interferenza, come Gasparri ha fatto per molti anni (eguagliato, forse, solo dal renziano Anzaldi), sentenziando sul lavoro altrui senza capirne nulla, distribuendo pagelline e anatemi; e infine, forse ritenendolo spiritoso, si introduce un’udienza mostrando carota (??) e cognac (??) al cittadino che sta per essere ascoltato; beh, significa che la forma (che è sostanza) non è più percepita come un vincolo che riguarda tutti, e tutti ci rende uguali.
Lo si dice sempre, vale la pena ripeterlo. Un comportamento come questo, negli Stati Uniti e in altri Paesi con senso delle istituzioni, sarebbe inconcepibile. Un giudice o un deputato o un rappresentante dello Stato si sente, in quel ruolo, obbligato a una forma solenne e inderogabile. Lo spiritoso – se gli riesce - lo fa a casa sua.
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