‘Meloni femminista’. Tutti nel trappolone da Nunzia alle dem
VITTIMISMO, CINISMO E LECCACULISMO - In massa a chiedere di essere delicati con la famiglia di chi da anni passa col bulldozer sulle famiglie degli altri
DI SELVAGGIA LUCARELLI
Se c’è una cosa che a Giorgia Meloni è riuscita benissimo è far passare il suo comunicato sulla (presunta) fine della storia con Andrea Giambruno per qualcosa che abbia a che fare col femminismo. O con l’eroismo. Tutti presi come eravamo a commentare le sue parole, ci siamo persi quelle degli altri. Ed è un peccato, perché a leggerle tutte insieme viene da tifare per il machismo, le battute da caserma e le mani sul pacco. Uno dei primi a twittare è stato Carlo Calenda, il quale si è prontamente indignato per la volgarità della vicenda: “Così in Italia non si produrrà mai nulla tranne il fango, finché il fango non sommergerà tutti e tutto”. Detto da quello che ama risolvere i conflitti con sobrietà e discrezione, che non cerca le risse nel fango. Come dimenticare quell’addio elegante tra lui e Matteo Renzi: “Caro Renzi, io non ho mai preso soldi da un assassino”, “Calenda è pazzo, ha sbagliato pillole”.
Abbiamo poi la fila delle pidine che come al solito perdono l’occasione per tracciare una linea di confine netta tra il femminismo e il piagnisteo rancoroso e si buttano sulla solidarietà pelosa. Scrivono tweet zuccherosi esibendo la superiorità morale di chi mostra benevolenza nei confronti dell’avversario, senza mai capire che Giorgia Meloni, su questo furbo bilanciamento tra vittimismo tattico in tutto quello che riguarda se stessa e sul cinismo spietato nei confronti delle debolezze altrui, ha costruito il consenso politico. E così, Alessandra Moretti scrive: “Giorgia Meloni ha agito da donna libera. Chiedo io per lei che le lascino fare la madre”. A leggerla così sembra che gli assistenti sociali siano andati all’alba, in casa Meloni, a portarle via la figlia. Alessia Morani: “Cerchiamo di evitare i dibattiti da bar dove ognuno dice la qualunque”. In pratica chiede di essere delicati con la famiglia di quella che da anni passa col bulldozer sulle famiglie altrui. Pina Picierno: “Solidarietà e abbraccio a Giorgia Meloni. Diffondere gli audio del compagno, utilizzare la vita privata per colpirla è stato spregevole e abietto”. Anziché esprimere solidarietà alle donne costrette a lavorare con lo spregevole compagno di Giorgia Meloni, lei abbraccia Giorgia Meloni per avere lasciato un uomo molesto, ringraziandolo pubblicamente per gli anni meravigliosi trascorsi insieme.
Poi, uscendo dal Pd, abbiamo Elena Bonetti: “Oggi una mamma e una figlia stanno soffrendo per un sistema mediatico che le ha colpite. Che si attacchi la premier in questo modo per indebolirla politicamente è disgustoso. Solidarietà a lei e alla sua bambina”. In pratica la colpa è di Ricci, mica di Giambruno. Ma soprattutto: che ne sa Elena Bonetti di come sta la figlia di Giorgia Meloni? Lei chatta con le bambine di 7 anni? Il suo tweet in effetti è da scuole elementari, forse siede al banco vicino a Ginevra. C’è anche Mariastella Gelmini che elogia Meloni perché “Tante donne si immedesimeranno”. Come no, io mi sono subito immedesimata, anche il mio compagno saluta sempre le colleghe cercando il biscottino della fortuna nelle mutande. Laura Ravetto: “Orgoglio, forza e nessuna paura. Sei un esempio per tutte”. Per fortuna c’è Giorgia Meloni a darci l’esempio mollando un compagno che propone sesso a tre alle colleghe, noi altre eravamo convinte che a uno così bisognasse intestare la polizza a vita.
Infine, la vincitrice assoluta: Nunzia De Girolamo. Nel suo Avanti popolo, programma tv che riesce a far indietreggiare il popolo al punto da realizzare il 2% di share, dopo aver invitato suo marito e un pluricondannato, è riuscita a fare di peggio. Nell’ultima puntata ha pensato bene di dedicare un monologo al caso Meloni/Giambruno con la sintassi della letterina “Piccola Chiara” a Sanremo e i contenuti della propaganda nordcoreana. Mancava solo che sparasse un razzo nel laghetto di Cologno Monzese come avvertimento a Mediaset. Ha iniziato con “IL NOSTRO presidente del consìio ci ha messo la faccia” per poi passare a un improvviso cambio di sesso: “LA NOSTRA presidente del consìio ha scritto sui social, lo ha fatto da donna, da madre, da presidente del consìio”. Perché voi forse non lo sapete, ma se uno scrive sui social non da sorella, da trans o da segretaria ma “da madre, da donna, da presidente del consìjo” c’è una tastiera a parte, proprio. È tutta glitterata, se premi il tasto cancelletto esce il colostro e manca la G, ovviamente. E poi: “Bisogna avere rispetto del dolore della presidente del consìio!”, “Vi chiedo di rispettare una famìia che è finita!”. Addirittura finita, come la benzina in autostrada. Davvero commovente. Una libertà intellettuale che Report se la sogna. Anzi, speriamo che la tutela legale che vogliono togliere alla squadra di Ranucci la diano a lei perché Nunzia sta rischiando grosso: una querela per eccesso colposo di legittima difesa del presidente del consìjo, se va avanti così, non gliela leva nessuno.
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