La figlia comunista
DI MICHELE SERRA
Fa sorridere e fa riflettere la storia della figlia “ribelle” di Elon Musk, la diciannovenne transgender Vivian, che il padre definisce “comunista” perché ha rotto i rapporti con lui. Il colmo è che il “comunismo” della ragazza, secondo Musk, sarebbe il frutto avvelenato dalla “educazione marxista” ricevuta in una scuola privata americana per ricchi rampolli: notoriamente covi di estrema sinistra.
È una storia privata, ovviamente decifrabile soltanto dai suoi protagonisti, e chissà che anche loro, in quel delicato groviglio che è il rapporto genitori/figli, non abbiano difficoltà a capire che cosa è accaduto veramente. Ma che nel 2023, per definire una figlia che ripudia il cognome e il potere del padre, uno degli uomini più ricchi della Terra non trovi altra spiegazione che definirla “comunista”, è quasi da non credere. Un anacronismo che ricade per intero sull’incapacità di intendere e di capire altri modi e altri mondi: come se il capitalismo riuscisse a concepire solamente se stesso, e tutto ciò che gli è alieno (tante cose, per fortuna) fosse esorcizzabile come “comunismo”, quasi trentacinque anni dopo la caduta del Muro.
L’uomo che vuole trasmigrare su Marte si ritrova, a un palmo di distanza, qualcosa che non capisce, non possiede, non domina. È la stessa, antica storia di Pietro Bernardone, mercante in Assisi, e di Francesco, che diede pubblico scandalo ripudiando il ricco padre. Probabile che il francescanesimo, ai Bernardone del Duecento, sembrò tal quale il comunismo ai Musk del Duemila: un nemico incomprensibile, al quale attribuire ogni colpa pur di non farsi mezza domanda.
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