Il Peggiorista
di Marco Travaglio
Ci vuole un gran talento a fare il parlamentare per 70 anni, il presidente della Repubblica per nove, il presidente della Camera per 5, il ministro dell’Interno per 2 senza mai azzeccarne una. Quindi Napolitano di talento ne aveva da vendere. Fascista fino alla Liberazione e poi comunista, nel 1956 esalta l’Armata Rossa che soffoca nel sangue la rivolta di Budapest, anzi libera l’Ungheria dal “caos” e dalla “controrivoluzione” e “salva la pace nel mondo”. Plaude al Pcus che esilia Solzenicyn. Partecipa all’espulsione dei dissidenti del manifesto, critici sull’invasione della Cecoslovacchia. Poi diventa il “comunista preferito” di Kissinger, ma anche della Fininvest. Capo della destra Pci (i “miglioristi”, detti “piglioristi” per le loro arti prensili), fa la guerra a Berlinguer che osa porre la “questione morale” e chiamare Craxi col suo nome: “gangster”. Nel ‘92, quando i gangster finiscono sotto inchiesta, è presidente della Camera e legge in aula la lettera del socialista Moroni, suicidatosi perché coinvolto in Tangentopoli, fiancheggiando l’assalto degli impuniti a Mani Pulite.
Nel 2006, dopo un passaggio al Viminale sanza infamia e sanza lode, diventa presidente della Repubblica. E inizia a impicciarsi dappertutto in barba alla Costituzione. Come racconterà il ministro Padoa Schioppa, mette i bastoni fra le ruote al Prodi 2 in nome della prima missione della sua presidenza: le larghe intese con B. (il leader Pd Veltroni gli va dietro e si brucia subito). La seconda è l’attacco a tutti i magistrati che indagano sul potere: Woodcock, De Magistris, Robledo, Forleo e i pm di Palermo che hanno scoperto la trattativa Stato-mafia, trascinati alla Consulta perchè intercettando Mancino si sono imbattuti nella sua sacra Voce. Moniti, pressioni e sanzioni tramite il Csm, ringraziamenti ai procuratori che sterilizzano le indagini scomode (come Bruti Liberati sul caso Expo) e interventi a gamba tesa contro chi non lo farebbe mai (come quello che blocca il Csm perché non nomini Lo Forte a Palermo). Al terzo governo B. la dà sempre vinta, firmando tutte le leggi vergogna (tranne il decreto Englaro). E quando il Caimano ne fa una giusta opponendosi all’attacco Nato in Libia, lo costringe a intrupparsi. Lo salva pure dalla sfiducia dei finiani, rinviandola di due mesi e dandogli tempo di comprare i “responsabili”. Lo scaricherà solo quando lo farà l’establishment nazionale e internazionale. Intanto scava trincee contro i 5Stelle che minacciano l’Ancien Régime di cui è santo patrono e imbalsamatore. “Boom dei 5Stelle? Non vedo nessun boom”, esclama stizzito ai loro primi successi. Va bene ‘sta democrazia; ma, se il popolo non obbedisce, si abolisce il popolo.
Nel 2011 B. si arrende allo spread e agli scandali e lui, per scongiurare le elezioni, architetta il governo tecnico di Monti, che fa pagare la crisi ai più deboli. Crede di aver salvato l’establishment, invece nel 2013 il M5S balza da zero al 25,5%, alla pari col Pd di Bersani, che prima di Monti aveva la vittoria in tasca. Napolitano dà il meglio di sé: dopo aver giurato per mesi che mai si farà rieleggere, briga per il bis per sbarrare la strada a Rodotà, candidato di Grillo, Vendola e base dem (occupy Pd di Schlein) e a Prodi (impallinato dai franchi tiratori che, per sua maggior gloria, uccidono pure Bersani): due presidenti che rispetterebbero gli elettori benedicendo un governo di cambiamento M5S-Pd-Sel. Incontra B. per garantirsene l’appoggio, si fa rieleggere da Pd, FI e Centro e crea in laboratorio il governo Letta con i partiti che han perso le elezioni per tener fuori chi le ha vinte. Un altro golpe bianco, ma pure miope: all’opposizione ci sono M5S, Lega e FdI: i partiti che vinceranno le elezioni dal 2018 al 2022. Mentre i giudici di Palermo distruggono le sue intercettazioni, lui commissaria le Camere con un discorso della corona mai visto prima in una Repubblica parlamentare: la sua presidenza bis sarà a tempo (ma la Costituzione parla di 7 anni) e “a condizione” (che i partiti che l’han rieletto formino il governo e riformino la Costituzione che ha giurato di difendere per ben due volte).
Però il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi: dopo tre mesi B. viene condannato in Cassazione e deve lasciare il Parlamento per la Severino. Lui gli dà pubblicamente le istruzioni per ottenere una grazia incostituzionale, che gli promette in segreto se lascerà il Senato prima di venirne cacciato: tutto purché FI tenga in piedi Letta. Ma FI se ne va col suo leader pregiudicato: altri intrighi per far nascere il Ncd coi cinque ministri forzisti imbullonati alla poltrona. Letta comunque va a casa nel febbraio 2014, cacciato da Renzi che ha vinto le primarie Pd all’insegna della “rottamazione”. Napolitano cambia cavallo e provvede subito a formattare il Rignanese per la restaurazione. Dalla lista dei ministri, piena di impresentabili, depenna l’unico buono: Gratteri (non sia mai che faccia funzionare la Giustizia). E impone a Renzi la sua vera fissazione: la riforma costituzionale per verticalizzare vieppiù il potere, come chiedono i poteri finanziari italiani e internazionali. Renzi esegue e ci rimane stecchito, entrando di diritto nel Comitato Vittime di Napolitano insieme a Prodi, Veltroni, Letta, Bersani, Fini e Monti. Re Giorgio si dimette nel 2015, giusto in tempo per perdersi i boom dei 5Stelle alle Comunali del 2016 a Roma e Torino e alle Politiche del 2018. Con tutto quello che ha fatto per loro.
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