mercoledì 23 agosto 2023

Sputanescion

 

Prosciutto o dollari?
di Marco Travaglio
Proviamo per un attimo a dimenticare l’aspetto tragico della guerra russo-ucraina con i suoi 500mila fra morti e feriti. E a concentrarci sulla farsa che contraddistingue ogni tragedia mondiale appena varca la frontiera italiana. Domanda: ma cosa annebbiava la vista degli “esperti” dei grandi giornali e tv, compresi quelli sul campo, quando vedevano epici trionfi ucraini e umilianti disfatte russe, effetti balsamici delle armi della “Nato allargata” contro i fuciletti a tappo dell’“armata rotta” senza munizioni né uomini, imminenti default di Mosca col contorno di golpe contro Putin (sempreché ci arrivasse vivo, affetto com’era da tutte le patologie note in letteratura medica), maledetto dal suo popolo e isolato dal mondo? Lenti deformanti? Prosciutto? Dollari? Sterline? Ci dicano.
No, perché noi del Fatto, oltre ai reportage dei nostri inviati e collaboratori cacciati dall’Ucraina perché non allineati alle veline del regime “democratico”, avevamo la fortuna di leggere le analisi di Barbara Spinelli, Fabio Mini, Alessandro Orsini, Elena Basile. I quali, da Parigi, dalla Versilia e da Roma, riuscivano a vedere distintamente ciò che i grandi strateghi di Nato, Usa, Ue e grandi media nostrani, muniti di satelliti, droni, intelligence, algoritmi, report, analisti, centri studi, think tank, non riuscivano proprio a rilevare. Escludendo un caso di cecità collettiva anzi planetaria, l’unica risposta plausibile è che i fabbricanti di fake news per la propaganda di guerra (scontata per tenere alto il morale delle truppe al fronte e il consenso delle opinioni pubbliche nelle retrovie) se ne facessero guidare, illudendo gli ucraini e pure se stessi sulla grande vittoria alle porte. Così, mentre Putin diffondeva le sue balle ma si guardava bene dal crederci, tant’è che continuava a correggere il tiro, cambiando generali, tattiche e strategie in base all’andamento delle operazioni, i nostri eroi si bevevano le panzane che raccontavano e scacciavano come grilli parlanti i pochi veri esperti, tipo il generale Milley, che suggerivano di negoziare prima della grande sconfitta. Era già accaduto con l’Afghanistan e l’Iraq: l’intera stampa Usa si era adagiata sulle fake news di Bush jr.. Ma, quando quelle furono smentite, direttori di giornali e tv chiesero scusa al popolo americano e molti si dimisero o furono licenziati. Infatti sull’Ucraina l’informazione Usa ha sempre fatto il controcanto alla Casa Bianca e al sottostante Zelensky. In Italia, oggi come allora, i signorini grandi firme hanno fatto da trombette alle veline di Washington, Londra e Kiev. E oggi che i fatti si incaricano di sbugiardarli, scrivono pezzi che sembrano usciti dalle penne di Spinelli, Mini, Orsini e Basile, ma sempre fischiettando, come se i bugiardi non fossero loro.

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