lunedì 7 agosto 2023

Attorno alle sentenze fasciste

 

I rivolta-sentenze
di Marco Travaglio
Marcello De Angelis, ex militante del movimento neofascista Terza Posizione, condannato per associazione sovversiva, ex parlamentare An e PdL, ora capo-comunicazione della giunta regionale del Lazio, ha scritto: “So per certo che con la strage di Bologna non c’entrano nulla Fioravanti, Mambro e Ciavardini”. E sai che novità: cos’altro ci si può aspettare dal cognato di Ciavardini, condannato per quella strage? Le opposizioni chiedono le sue dimissioni e una parola chiara dal presidente della Regione Francesco Rocca e da Giorgia Meloni. La premier tace, dopo che nel 43° anniversario della strage del 1980 era riuscita a non dire ciò che la Cassazione a sezioni unite ha definitivamente accertato e persino La Russa ha dovuto ammettere: quello fu un eccidio fascista. Rocca invece parla, anzi balbetta: il suo portavoce si è espresso “a titolo personale, mosso da una storia familiare che l’ha segnato profondamente” (la morte in carcere del fratello in circostanze mai chiarite). Ma dimentica di aggiungere che a sterminare 85 persone e a ferirne 200 alla stazione di Bologna furono i fascisti. È suo dovere farlo, altrimenti deve dimettersi lui: se condivide De Angelis, vuol dire che il suo portavoce non porta solo la propria, di voce, ma anche quella del presidente della Regione Lazio. E chi rappresenta una istituzione fa per conto del Popolo Italiano, lo stesso nel cui nome la Corte d’assise, la Corte d’assise d’appello e la Cassazione hanno irrevocabilmente condannato i tre terroristi dei Nar.
Le sentenze non sono dogmi di Stato e ciascun privato cittadino può condividerle o contestarle (possibilmente con argomenti). Perciò chiedere le dimissioni di De Angelis è un atto illiberale: in democrazia tutti hanno diritto di esprimere le proprie idee, anche le più aberranti. Ma chi rappresenta le istituzioni ha un onere in più: non deve usarle per riscrivere sentenze, cioè per interferire in un altro potere dello Stato. Perciò il governo nazionale e regionale dovrebbero isolare De Angelis con dichiarazioni inequivocabili, pur senza torcergli un capello o levargli il lavoro. Anche perché, se bastasse contestare una sentenza sacrosanta per andare a casa, si sarebbero dovute chiedere le dimissioni di fior di parlamentari che da anni sposano la linea revisionista-negazionista sui neri a Bologna: non solo di destra, ma anche radicali e di centrosinistra. Per non parlare di chi tuttoggi predica l’innocenza di Sofri, Bompressi, Pietrostefani (e persino del reo confesso Marino) sul delitto Calabresi, malgrado ben due sentenze della Cassazione. O di chi vota commissioni parlamentari su Bologna o sulla gestione del Covid per ribaltare i verdetti dei giudici: quelli sì dovrebbero vergognarsi e sparire.

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