domenica 2 luglio 2023

Sgarbatamente

 

Sgorbi quotidiani
di Marco Travaglio
Noiose e immancabili come i consigli anti-caldo (bere molto, evitare le coperte in lana di roccia…) e le liste di putiniani della fu Repubblica, ma soprattutto tristi e umilianti sono le polemiche sui deliri di Sgarbi. Che l’altra sera, invitato al museo Maxxi dal presidente Giuli a parlare di non si sa cosa (non è mai un suo problema), ha espettorato il consueto assortimento di squisitezze, con l’aggiunta di un “cornuto!” a un anonimo tizio al cellulare, che lui per educazione non spegne mai. Siccome il giochino si ripete da una quarantina d’anni, cioè da quando l’allora giovane critico, invitato al Costanzo Show per spiegare dei quadri, diede della “stronza” a una prof e, anziché essere bandito da tutte le tv (come accadrebbe in qualunque Paese civile), ne diventò ospite fisso (come accade solo in Italia), è il caso di piantarla. O la si smette di invitare Sgarbi, o di indignarsi se poi fa Sgarbi. Anche perché lo chiamano apposta: sanno che è fuori controllo e non si domandano neppure più se ci è o ci fa (entrambe le cose). A furia di trovarlo “simpatico” (come una grattugia sulle ragadi) e “politicamente scorretto” (al contrario: oggi il vero anticonformista è l’educato), gli han concesso una franchigia che vale solo per lui: neppure un ultrà allo stadio potrebbe dire un decimo di ciò che dice lui senza finire al gabbio o al Daspo.
Lui invece è sempre in Parlamento, quasi sempre sottosegretario a Qualcosa, sindaco di Salemi (subito sciolto per mafia), Sutri e Arpino, prosindaco a Urbino, assessore a Viterbo, consigliere regionale in Lombardia, commissario a Codogno, presidente di Ferrara Arte, del Mart di Trento, del Mag di Riva del Garda, della Gypsotheca del Canova… Da una vita colleziona poltrone e stipendi pubblici e naturalmente, non essendo ubiquo, fa tutto malissimo. Fin da quando nel ’96 si beccò una condanna definitiva a 6 mesi e rotti per truffa ai Beni Culturali perché dieci anni prima doveva lavorare alle Soprintendenze venete, ma non vi metteva piede, grazie a certificati medici farlocchi e autodichiarazioni di malattie immaginarie – il “cimurro” (tipico dei cani), le crisi di starnuti e l’“allergia al matrimonio” – che gl’impedivano di lavorare in ufficio, ma non di condurre ogni sera Sgarbi quotidiani su Canale 5 vomitando insulti ai migliori pm d’Italia. Ogni puntata un processo per diffamazione (di qui la fame atavica di soldi), da cui si faceva poi salvare dalla Camera. Tranne quando toccava altri della Casta, come la vicepresidente Carfagna, gentilmente definita nel 2020 “Sorcagna, capra, cretina che si trova in Parlamento solo per essere stata in ginocchio davanti a Berlusconi”. I due all’epoca stavano nello stesso partito, FI. Poi lei se n’è andata e lui è stato ricandidato. Avercene.

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