Com’è il giorno della marmotta marino?
Semplice: prendi lo zaino, lo stesso zaino oramai ricettacolo di strani esseri curiosi, bradipi che s’adattano a qualsiasi temperatura, e lo riempi di libri, come se dovessi rieditare Cast Away, controlli di avere paglie a sufficienza, poi borsa frigo con acqua. pomodorini e mozzarelle, la focaccia indispensabile più che il boccaglio al sub, e i giornali, Gazza su tutti.
Visto che non sei turista ma indigeno, l’unico posto che può ospitarti è Marinella, col suo vento perenne godereccio, e col mare che assomiglia sempre più ad una zuppa dimagrante ai cavoli neri.
All’arrivo prima tappa alla gioielleria che finge di essere bar, per un caffè che ingurgitato ti porta ogni volta a domandare se per caso sia orzo, e tutte le volte che ti rispondono “no, no! è un caffè normale!” ti interroghi sul gusto che dovrebbe avere quello d’orzo, probabilmente sfiorante la merda.
Arrivato in postazione e salutato gli statici vicini d’ombrellone, inneschi la prima paglia scrutando il panorama ed iniziando, protetto dagli impenetrabili occhiali neri, ad effettuare le prime Tac alle prove viventi della magnificenza del Creato.
T’immergi nella lettura scrutando a volte l’orizzonte meglio di Nelson, zigzagando tra le inutilità ciancianti tipiche del luogo: meteo, clima, acqua sporca etc.
La disposizione dei vicini di lettino ricorda il posizionamento dei banchi della fiera: ogni cento metri si ripetono, come le particolarità degli spiaggiati: la petulante, la ritmica, il domanda/risposta, l’affabulatore, il cercatore di meraviglie, l’assonnato, il Bernardo muto, l’incazzato eterno, il ciacolante, il soprano.
Misteriosamente, come detto, queste categorie si replicano ogni cento metri, e i più temibili sono il soprano che parla in tonalità simile alla Callas scaligera, la petulante che verso le 9 si scaglia contro i ragazzi dello stabilimento che hanno spostato i suoi lettini di 3,5 mm, il cercatore di meraviglie che per attirare attenzione, dopo aver ingurgitato un megafono, spara racconti-fregnaccia conditi da balle clamorose solo per destare meraviglia; quello che domandando si auto risponde sino al calar della palla infuocata.
Personalmente appartengo alla categoria Bernardo-servo di Zorro, dispensando mono sillabi con parsimonia, temendo di iniziare un discorso attorno al nulla che mi stravolgerebbe il rito circolare del giorno della marmotta, tanto bene spiegato in “Ricomincio da capo.”
Prima del pranzo, la calata in mare col passaggio tra le file di lettini dei giovani abbrustoliti, con l’insolita morfologia del fondale che scende repentinamente per poi risalire facendoti arrivare alle caviglie l’acqua ad un centinaio di metri dalla riva, certifica il via libera alla classica mangiata all’ombra che, visto la grande quantità di pomodori, bocconcini di mozzarella e albicocche, è una prepotente sfida gastrica all’attacco diarroico, fortunatamente al momento sempre sventato.
Il pomeriggio scorre tra un dormiveglia molto simile al risveglio post operatorio, con un rimbambimento al limite della visita neurologica, e il continuo spostamento del lettino per scansare i raggi infuocati con rotazioni dello stesso di oltre un angolo piatto, un tale rompimento di maroni che porta a desiderare la veridicità delle teorie copernicane con la stella fissa nel cielo! Sul far della sera il giorno della marmotta termina, pronto ripetersi in fotocopia alla prima occasione!
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