venerdì 21 luglio 2023

Draghianamente

 

Sturm und Draghi
di Marco Travaglio
Un anno fa l’Italia tornava a essere una democrazia normale: si dimetteva Draghi, l’ex banchiere chiamato il 2 febbraio 2021 da Mattarella per un governo-ammucchiata “che non debba identificarsi con alcuna formula politica”. Ora sui giornaloni vedovi e orfani fioccano le ricostruzioni di prefiche ancora inconsolabili per la prematura dipartita. Peccato che non ricordino nulla di vero, o fingano. Per Lucia Annunziata (Stampa) Draghi fu vittima di un “licenziamento” da parte dei partiti cattivi. Peccato che sia stato lui, il 21 luglio 2022, a farsi cacciare in Senato, prima attaccando FI e Lega, poi sputando sui 5Stelle e le loro bandiere (Rdc e Superbonus, che s’era impegnato con Grillo a difendere in cambio dell’appoggio M5S), dopo averli provocati per mesi, dalla giustizia alla scissione Di Maio. “Se la maggioranza avesse tenuto – scrive l’Annunziata restando seria – saremmo in tutte le cabine di regia: dal Pnrr all’Ucraina”. Ma soprattutto saremmo una dittatura: per lasciare Draghi al potere avremmo dovuto abolire le elezioni. Infatti, anche se si fosse votato nel marzo ‘23 anziché il 25 settembre ‘22, la destra avrebbe vinto comunque, e pure meglio. Quando arrivò Draghi, FdI era al 12%; quando sloggiò era al 24; e quando si votò era al 26. Altri sei mesi di Draghi e avrebbe superato il 30, senza contare Lega e FI.
Sempre sulla Stampa Alessandro Barbera scrive che fu Mattarella, con Renzi, a preferire Draghi a Conte perché la campagna vaccinale era “al palo”, a causa delle “primule” di Arcuri che “arrancava”. Balla sesquipedale: nel gennaio ‘21 l’Italia era il primo fra i grandi Paesi Ue per vaccinazioni, davanti a Germania, Francia e Spagna. E il Colle ripeteva che “dopo Conte c’è solo il voto”. Le stesse corbellerie sulla “campagna vaccinale elaborata ex novo” da Draghi e dunque “vincente” le ripete Francesco Verderami sul Corriere: purtroppo il piano Figliuolo era identico al piano Arcuri, ma la sua conduzione altalenante ci fece perdere il primato del primo mese. Su Repubblica Stefano Cappellini ancora lacrima per il “delitto quasi perfetto” dei “congiurati populisti” (Conte, B. e Salvini) che han “portato Meloni in spalla a Palazzo Chigi”. Non s’è accorto neanche lui dell’harakiri di Draghi e del raddoppio dei consensi alla Meloni sotto il (e grazie al) suo governo. Però dice che la vittoria delle destre era “scontata”: e non lo era affatto, se Letta non avesse scaricato Conte su ordine Nato. Però c’è di buono che l’archeologo Cappellini ha finalmente rinvenuto il prezioso incunabolo detto “Agenda Draghi”: infatti scrive che “le pagine della sua agenda” sono “sopravvissute ai populisti”. E questo perché siamo sempre a 90 gradi davanti a Biden e a Zelensky. Anzi, a 90 draghi.

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