Certo che ce ne sono di pensieri che si affollano in cervice davanti a questa avventura finita male - almeno sembra speriamo di no! - dei cinque passeggeri sperduti nell'oceano più profondo, partiti per andare a vedere da vicino il Titanic e la sua fama iettatoria.
Miliardari si dirà, capaci di spendere 250mila euro a testa per partecipare all'evento, a parte il titolare della società, anch'egli del gruppo. Sfidare il destino o sfamare la recondita smania umana di esplorare? E poi: giocare con la vita dall'alto del conto in banca?
Cosa avranno pensato in quei drammatici momenti quelle cinque persone? Nel buio dell'oceano, abbandonati a se stessi con difronte l'avanzamento inesorabile di Sorella Morte!
La vita, gli affetti, gli affari, il mondo conosciuto, i viaggi, le scoperte, le risate, i dolori tutto dinnanzi che sbiadisce via a via, inesorabilmente.
L'abnorme differenza con la gran parte dell'umanità che non conosce il momento ineluttabile della dipartita e loro che con contezza glaciale, rotta dalla speranza del ritrovamento, si sono preparati all'appuntamento, come persone destinate all'esecuzione capitale.
Avranno maledetto il giorno in cui gli venne in mente di sfidare la normalità per affrontare il viaggio nel cuore oceanico. E il proprietario? Si sarà sentito responsabile? Avrà urlato contro i suoi ingegneri, contro i collaudatori?
Una morte strana, quasi cercata. Nel buio la glacialità della carenza d'ossigeno che provoca stordimento, l'arrivo del sonno con la consapevolezza del non risveglio eterno. Le preghiere al proprio dio. Il silenzio. Il silenzio.
Nessun commento:
Posta un commento