venerdì 9 giugno 2023

Draghianamente

 

Le “truppe da scrivania” del businessman Draghi
DI DANIELA RANIERI
Un prestigioso incitamento per lo sforzo bellico arriva alle nostre truppe da scrivania. Mario Draghi ha parlato al Mit di Boston emanando un imperativo: Kiev deve vincere la guerra. “Non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati se non garantire che l’Ucraina vinca questa guerra”.
Contrariamente a molti analisti che ritengono impossibile che l’Ucraina possa arrivare alla vittoria, Draghi non solo ci crede, ma lo spera per i futuri equilibri: “Vincere questa guerra per l’Europa significa avere una pace stabile”.
Il 16 maggio il New York Times ha pubblicato un appello al negoziato e alla pace con cui 15 ex militari ed esperti statunitensi di politica estera chiedono al presidente e al Congresso di “porre rapidamente fine alla guerra in Ucraina con la diplomazia, soprattutto di fronte al pericolo che l’escalation militare possa sfuggire al controllo”. Secondo i firmatari, come gli Usa hanno “perseverato nell’espansione della Nato” perseguendo la strategia del cinismo (“Il profitto dalle vendite di armi è un attore di prima importanza”), analogamente dal 2022 “hanno mandato armi per 30 miliardi di dollari in Ucraina, e l’aiuto totale è superiore a 100 miliardi” per il motivo che “la guerra è un business, molto vantaggioso per pochi”. Si rifiutano di sostenere la strategia di lottare contro la Russia fino all’ultimo ucraino: “La promessa di Biden di sostenere l’Ucraina ‘per tutto il tempo necessario’ è una licenza di perseguire obiettivi malsani e irraggiungibili” e ciò “sarebbe catastrofico quanto la decisione di Putin”.
Draghi, invece, pensa che accettare “una vittoria russa o un pareggio confuso”, quale sarebbe un negoziato, “indebolirebbe fatalmente altri Stati confinanti e manderebbe un messaggio agli autocrati che l’Ue è pronta a scendere a compromessi su ciò che rappresenta”. Per l’establishment italiano l’Ucraina lotta per la democrazia, la libertà e la giustizia europea e Putin incarna il nuovo Hitler, anzi “Satana” (così il segretario del Consiglio di sicurezza e difesa ucraino su Repubblica), pronto ad annettersi Paesi Nato per pura volontà di potenza. Su Foreign Affairs, autorevole rivista statunitense, l’analista Samuel Charap, membro dell’Ufficio di pianificazione strategica del Dipartimento di Stato sotto Obama, ha scritto un articolo dal titolo “Una guerra che non si può vincere”: “Quindici mesi di combattimenti hanno chiarito che nessuna delle due parti ha la capacità, anche con l’aiuto esterno, di ottenere una vittoria militare decisiva”.
Charap ritiene che Kiev stia affrontando una carenza di mezzi militari, ma se anche la controffensiva andasse bene e “Kiev costringesse le truppe russe a ritirarsi oltre il confine internazionale, Mosca non smetterebbe necessariamente di combattere”, sempre “supponendo, ovviamente, che non faccia ricorso ad armi di distruzione di massa”. Questo scenario non porterebbe affatto la pace draghiana: “Un conflitto prolungato manterrebbe il rischio di una possibile escalation, per l’uso nucleare russo o per una guerra Russia-Nato, al suo attuale livello elevato”.
Draghi vede l’entrata dell’Ucraina nella Nato come una soluzione: “Dobbiamo essere pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato”. Charap pensa che le cose siano un po’ più complesse: “In quanto membro, l’Ucraina beneficerebbe dell’articolo 5 del trattato istitutivo, che richiede ai membri di considerare un attacco armato contro uno di loro come un attacco contro tutti. Ma l’adesione alla Nato è più di un semplice articolo 5. Dal punto di vista di Mosca, l’adesione all’alleanza trasformerebbe l’Ucraina in un palcoscenico per gli Usa per dispiegare le proprie forze. Quindi, anche se ci fosse consenso tra gli alleati per offrire l’adesione a Kiev (e non c’è), garantire all’Ucraina una garanzia di sicurezza attraverso l’adesione alla Nato potrebbe rendere la pace così poco attraente per la Russia che Putin deciderebbe di continuare a combattere”.
Anche John Mearsheimer, professore di Scienze politiche all’Università di Chicago, pensa sia impossibile una vittoria dell’Ucraina per le disparità di soldati e artiglieria e perché “il grande rischio degli F-16 (americani, ndr) è che l’Ucraina li usi per attaccare obiettivi all’interno della Russia”, creando un’escalation fatale; e se i russi sentissero di stare perdendo, aumenterebbe la probabilità dell’uso del nucleare.
Ma perché Draghi ha deciso di incitare alla guerra? Secondo Fabio Mini, “Draghi parla al suo mondo: i profitti della guerra sono una benedizione per i soldi e il potere”.
Non vigesse il dogma dell’infallibilità di Draghi – esperto di finanza, non di geopolitica – si potrebbe derubricare la sua apodittica affermazione al genere di boutade con cui sostenne che il Green Pass dava agli italiani la “garanzia di ritrovarsi tra persone non contagiose” o che bisognava scegliere tra “la pace e i condizionatori”. Quando l’unica richiesta seria sarebbe di fermare il massacro.

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