sabato 22 aprile 2023

Sulla Satira

 

Tengo famiglia
di Marco Travaglio
Quante cose ha svelato Natangelo in 6×5,5 cm di vignetta: lo stato comatoso del governo, della maggioranza, della cosiddetta opposizione di centro e presunta sinistra, ma soprattutto della fu informazione.
Giorgia Meloni scambia la sorella per il bersaglio della vignetta e per una piccola fiammiferaia senza rilievo pubblico, mentre da mesi l’Arianna troneggia sui media in quanto prima consigliera della premier e moglie del ministro-cognato Lollobrigida. Denuncia il “silenzio assordante” assordata dalla canea che si leva tutt’intorno contro il vignettista e il Fatto. Dimentica i suoi tweet per la libertà di satira: “Ezio Greggio… smonta la deriva politicamente corretta che vorrebbe mettere il bavaglio sulla comicità. Viva la libertà di satira” (29.5.2021). “I fanatici del politicamente corretto come al solito non gradiscono la comicità libera e partono all’attacco di Checco Zalone, con esponenti politici che chiedono le scuse o che venga ‘corretto il tiro’ della sua satira. Che tristezza. Viva Zalone e la comicità libera e pungente (23.2.2022). E proclama, pancia indentro e petto infuori, che “se qualcuno pensa di fermarci così, sbaglia di grosso”, come se qualcuno avesse mai pensato di fermare chicchessia con una vignetta. Come può uno scoglio arginare il Lollo.
Calderoli, il lord Brummel di Bergamo Bassa, mi dà un consiglio: “Prima di pubblicare una vignetta, guardala e chiediti perché dovrebbe essere pubblicata. Se la condividi, poi ne diventi responsabile. Io forse non capisco le battute, come dice lui, ma lui sicuramente non capisce la volgarità né il suo limite”. In effetti il ministro che diede dell’“orango” a Cécile Kyenge ed esibì al Tg1 una t-shirt con stampata una vignetta contro Maometto scatenando una rivolta islamica al consolato italiano di Bengasi con 11 morti e 25 feriti e dovendosi poi dimettere, ero io. Ma giuro che non lo faccio più.
Renzi, parlandone da vivo, commenta nel suo italiano malfermo (è madrelingua saudita): “Non è solo una vignetta ma un clima per cui se fai politica puoi essere mostrificato anche nella tua sfera privata, per cui la cultura del sospetto è il filo conduttore di presunti opinionisti televisivi, per cui si scambia la satira con l’odio”. Per cui se fai ammazzare e dissecare con la sega circolare un giornalista dissidente sei un principe del Rinascimento e un impareggiabile finanziatore, se invece fai una vignetta è “odio”.
Per cui la Boschi dice al Giornale: “Non mi rassegno allo stile Travaglio”, da sempre “misogino”. Ma questa è satira, come la frase di Osho: “La satira dev’essere libera, senza paletti, ma in questo caso si è esagerato”. Ergo i paletti esistono. Li decide lui, previo consulto con la famiglia Meloni.
Peggio dei politici sono solo i giornalisti. Il presidente dell’Ordine Carlo Bertoli deplora la “pessima giornata per l’informazione” per “una vignetta del Fatto in cui il diritto di satira cede il posto a un contenuto sessista e disgustoso”. Il presidente dell’Ordine dei Censori non avrebbe detto meglio.
Sulla Stampa, il satirista per mancanza di prove Luca Bottura sostiene Natangelo come la corda sostiene l’impiccato: la vignetta è “disgustosa”, “può legittimamente apparire greve, irricevibile, sessista, ecc.”, però è “permessa”. Com’è umano, lui.
Sansonetti, sul Riformatorio, dà “piena solidarietà alla signora Arianna Meloni” contro la vignetta che “pare fascista”, nello “stile di Farinacci”, che però non faceva vignette. Un caso umano.
Sul Corriere, Monica Guerzoni è sconvolta: la vignetta “entra nella casa e nella vita privata di Lollobrigida e di sua moglie” perché Natangelo ci ha messo “tanto di nome”: e figurarsi se non ce l’avesse messo, visto che questi non capiscono le battute neppure se ce lo metti. Segue la lezione di “deontologia professionale” e la richiesta di “scuse” da una che pubblicò la falsa lista dei “putiniani d’Italia” con tanto di nomi e foto segnaletiche, inventandosene 6 su 11 e senza rettificare né scusarsi.
Sul Messaggero, il caltagirino Mario Ajello è tutto accaldato: “Non è satira, è barbarie, brutalità ideologica”. Povero papà Nello, quanti libri di storia del giornalismo e della satira scritti invano.
Su La7, Mentana fa il Mentana: “Dovremmo anche parlare di quello che ha monopolizzato di più, nei corridoi dei palazzi della politica, l’attenzione di maggioranza e opposizione: una vignetta pubblicata dal Fatto sulla vicenda Lollobrigida e la sostituzione etnica, con implicazioni che riguardano la vita privata di persone non politiche. Non vogliamo mostrarla… per non scendere al livello molto basso sia della vignetta sia dei commenti e proteste che poco hanno a che fare con la politica nel senso più alto. Scusate se sembra uno slalom rispetto al problema: è una brutta vignetta, è giusto non farla vedere”. Siccome non vale la pena di parlarne, ne parla. E siccome non gli piace, non la mostra così nessuno capisce se è bella o brutta. Però sono brutte anche le reazioni. Brutti i censori e brutto il censurato. Come chi assiste a un linciaggio e rimane neutrale perché il linciato porta una brutta cravatta.
Marco Damilano, il vispo ex direttore dell’Espresso che sbatté in copertina la foto ritoccata della Raggi per imbruttirla e invecchiarla, ora è su Rai3 e solidarizza con la povera Arianna vittima di una “logica tribale”. Qualunque cosa significhi, una leccatina ai nuovi padroni della Rai può sempre servire. Il sederino è salvo, la dignità uno non se la può dare.


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