Due Bruti senza Cesare
DI MICHELE SERRA
Il Terzo Polo, almeno sulla carta, dovrebbe occupare quello spazio della politica (il centro liberal-democratico) che è per definizione meno passionale, meno ideologico, più pragmatico. I fatti più importanti delle opinioni — insomma.
Sorprende scoprire che questo Parnaso della concretezza soccombe a causa di una scissione che potrebbe fare ombra alla sinistra, da sempre maestra nel campo della lite furibonda — a volte finita a picconate, altre volte, più affettuosamente, a scomuniche. Cioè: non sorprende, perché già si sapeva che il diumvirato tra Calenda e Renzi non poteva reggere per manifesto complesso di superiorità di entrambi. Ma un qual certo rammarico, per i non ideologici, per i pragmatici, per i concreti, per i compassati elettori che niente vogliono sapere delle intemperanze ideologiche di destra e sinistra, deve pure esserci. Come mai è andato tutto in vacca?
Come è possibile che, pur in presenza di un sapiente spregio per il fanatismo, le intransigenze, le rigidità culturali, il Terzo Polo si sia spezzato in due tronconi? Azzardo un’ipotesi. Quanto a effetti rovinosi, nemmeno la più arcigna delle ideologie, o la più sciocca delle faziosità, vale quanto l’egocentrismo.
L’Io è il macigno contro il quale deragliano anche i convogli più poderosi. Se poi si tratta di un Io maschile, beh potrebbe deviare anche il corso del Mississippi.
Resta da aggiungere una cosa, da spettatore disinteressato alla questione.
Tra i due Bruti (senza Cesare) che si sono accoltellati, dovessi salvarne uno è Calenda. È un rissante a viso aperto, perfino simpatico nella sua esagerata concezione di se stesso. Gioca perché gli piace il gioco. L’altro, invece, gioca solo per vincere.
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