La peste della pubblicità da Santanché a Schlein
DI DANIELA RANIERI
La vera peste, nella politica e nella cultura, è la comunicazione. Succede che la Armando Testa, agenzia pubblicitaria fondata dall’omonimo disegnatore opportunamente deceduto nel 1992, ha comprato una pagina del Corriere per ringraziare, ma in realtà insolentire, chi aveva criticato la campagna “Open to meraviglia” realizzata per conto del ministero del Turismo e Enit (Ente per il turismo guidato da una proprietaria di un’agenzia di viaggi amica della Santanchè) al costo di soli 138 mila euro nell’ambito di un investimento di 9 milioni. “Quando una campagna per la promozione turistica rompe il muro dell’indifferenza”, esordisce il Gruppo Testa, manco avesse realizzato una pubblicità progresso sul racket e i morti di mafia – “e riesce a dar vita ad un dibattito culturale così vivace, rappresenta sempre qualcosa di positivo”. Quello che l’agenzia chiama “dibattito culturale” è stato in realtà un pernacchione unisono emesso in tutta la websfera tipo preghiera del muezzin da decine di migliaia di utenti, indignati proprio contro l’incultura trasudata da ogni singolo pixel della campagna diffusa. La Venere di Botticelli ferragnizzata, grafiche pedestri, immagini comprate a stock su siti stranieri, cantine vinicole slovene spacciate per italiane, stereotipi à gogo e l’uso di un italiano maccheronico come si suppone lo parlino i ricconi del Texas in procinto di firmare il rogito per una villa nel Chianti: tutto era così kitsch e provinciale che sembrava incredibile servisse ad attirare turisti anziché a farci mettere al bando dalla comunità internazionale per manifesta condizione di sottosviluppo.
Qui la Armando Testa, che si definisce “il più grande gruppo di comunicazione italiano nel mondo”, fa una marcia indietro passivo-aggressiva: precisa che si trattava di “una campagna solo presentata ma non ancora uscita” e ringrazia chi aveva pensato che il video fosse “lo spot ufficiale della campagna”. Ma tu pensa. I grandi comunicatori hanno dimenticato di comunicarlo alla committente Santanchè, che ha tenuto una conferenza stampa in pompa magna alla presenza del ministro degli Esteri Tajani, del ministro dello Sport Abodi e dell’ad dell’Enit sua amica, per lanciare un video di prova; e poi, sempre ignorando che fosse solo una bozza, ha difeso la campagna millantando di aver “utilizzato linguaggi vicini ai giovani”, che notoriamente parlano mezzo italiano e mezzo inglese, e per dire “andiamo al mare”, ad esempio, dicono “andiamo to the sea”, certissimamente. La lettera fa riferimento ai soldi pubblici sperperati in questo incarico, ma nell’italiano incerto dei comunicatori suona meno chiaro che nelle parole di Santanchè: “Nove milioni è il costo della campagna che faremo in tutto il mondo, ossia gli acquisti degli spazi negli aeroporti, nelle stazioni, nelle città, dagli Stati Uniti d’America all’India, fino a toccare tutti i Paesi e i continenti”. Ah, ma allora è tutto a posto: 9 milioni per rendere lo spot fisicamente virale, casomai a qualche tribù nativa del Borneo sfuggisse la faccia della Venere incollata sul corpo di una ragazza che mangia la pizza sul lago di Como. Del resto Santanchè, maestra di eleganza, aveva lamentato che “come Italia non siamo bravi a venderci”. In ciò è tutta la concezione del turismo culturale del governo, una vita Smeralda in cui i nostri monumenti e capolavori sono prodotti da rifilare al turista di bocca buona per via di uno spot che sarebbe apparso scarso anche per la Pro loco di Orte. Per somma irrisione, il gruppo Testa ringrazia anche a nome della Venere di Botticelli: “Erano più di 500 anni che non si parlava di lei così tanto”. In effetti La nascita di Venere era un capolavoro semi-sconosciuto, che dal 1485 i vari direttori degli Uffizi non sanno dove piazzare e qualcuno aveva relegato infine vicino al distributore del caffè, finché un creativo della Armando Testa l’ha scoperta per caso mentre cercava i cessi e gli si è accesa la lampadina.
Scriveva Mario Perniola in Contro la comunicazione: La comunicazione “è la bacchetta magica che sembra trasformare l’inconcludenza, la ritrattazione e la confusione da fattori di debolezza in prove di forza e che sostituisce l’educazione e l’istruzione con l’edutainment, la politica e l’informazione con l’infotainment, l’arte e la cultura con l’entertainment”. Non è solo una peste di destra: di tutte le mistificazioni della comunicazione, la più grande è stata quella di “presentarsi sotto le insegne del progressismo democratico”. Vogue riferisce che la fresca Elly Schlein si avvale dei consigli di un’armocromista, una consulente d’immagine a 300 euro l’ora che le spiega come abbinare i colori. Il problema è questo: i pubblicitari, i ricchi e i politici vivono nel mondo in cui qualunque cosa pagata tantissimo è un successo in virtù delle qualità alchemiche del denaro che ne trasformano la sostanza, mentre nel mondo reale una porcata rimane tale.
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